QUOTA 100, POCHI GIORNI PER LA DOMANDA DEGLI STATALI

Sembra che la strada per i dipendenti pubblici verso Quota 100 sarà davvero dura. Secondo quanto scrive Il Messaggero, infatti, nel decreto sulla riforma delle pensioni ci sarebbe l’intenzione di rendere sì disponibile l’accesso alla quiescenza a partire da luglio per i lavoratori pubblici, purché presentino domanda all’Inps entro la fine di gennaio. Considerando che ancora il decreto non è stato emanato, potrebbero esserci solo due settimane di tempo per presentare domanda, una vera e propria corsa contro il tempo durante la quale fare peraltro i calcoli sulla convenienza o meno circa l’opportunità di lasciare un lavoro e uno stipendio e dover anche attendere anni per avere la liquidazione. Secondo quanto invece riportato da Repubblica, ad avere una brutta sorpresa saranno i pensionati che sperano in un aumento del loro assegno a 780 euro. Dei cinque milioni di loro che incassano appunto meno di 780 euro al mese, soltanto il 5% riceverà la pensione di cittadinanza, stanti i paletti che verranno fissati con il decreto riguardante il reddito di cittadinanza.



RIZZETTO: ADV VA ABOLITA

Walter Rizzetto si augura che l’annunciato decreto relativo alla riforma delle pensioni con Quota 100 si occupi solamente di previdenza “e non sia un omnibus dentro al quale mettere qualsiasi cosa, annacquandola”. Dal suo punto di vista, poi, l’aumento dei requisiti pensionistici in base all’aspettativa di vita andrebbe abolito, non congelare. Intervistato da pensionipertutti.it, il deputato di Fratelli d’Italia dice anche di essere dispiaciuto nel constatare “che nulla si vuole fare per i 6000 esodati residui, anche se hanno tutti votato la mia risoluzione in Commissione: una cattiveria praticamente gratuita considerate le scarse coperture che servirebbero per garantire una dignità a queste persone”. Interrogato su quali a suo parere fosse le misure prioritarie da varare con la manovra, Rizzetto ha risposto che “con i miliardi in deficit avrei fatto solo due cose: abbattimento del cuneo fiscale per le aziende con relativo abbassamento del costo del lavoro per i contratti a tempo indeterminato veri e partenza del protocollo Quota 41, vera priorità al posto di Quota 100”.



CISL: LE RICHIESTE OLTRE QUOTA 100

Si avvicina l’emanazione del decreto relativo alla riforma delle pensioni. Per questo Ignazio Ganga chiede che i sindacati vengano convocati al più presto dal Governo e che “quota 100 rappresenti davvero una modalità di accesso flessibile alla pensione per tutti i lavoratori privati e pubblici”. Per questi ultimi, sottolinea il Segretario confederale della Cisl, “sarebbe opportuno evitare di acuire le penalizzazioni, come leggiamo da alcune ipotesi formulate dalla stampa, che oltre ad un numero superiore di ‘finestre d’uscita’ potrebbero vedersi dilazionato ulteriormente nel tempo il pagamento del trattamento di fine rapporto”. Dal suo punto di vista occorrono poi: “pensione contributiva di garanzia per i giovani pensionati di domani, copertura previdenziale per i lavori di cura, pensione con 41 anni di contributi, tutela previdenziale per chi svolge lavori gravosi ed usuranti e proroga strutturale di Ape sociale e opzione donna, nona salvaguardia, sviluppo della previdenza complementare, reale adeguamento al costo della vita per chi è già in pensione”.



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Per Cesare Damiano il fatto che ancora non arrivi il decreto sulla riforma delle pensioni con Quota 100 e il reddito di cittadinanza è segno che il Governo è in difficoltà. “Con le promesse e la demagogia non si apparecchia la tavola. Noi vogliamo la flessibilità previdenziale, la riapertura e l’accelerazione del turnover per far spazio ai giovani nel mondo del lavoro e vogliamo dare un reddito a chi è realmente povero: del resto lo abbiamo già fatto con il Reddito di Inserimento. Quello che non vogliamo sono però le promesse non mantenute e le facili illusioni”, spiega l’ex ministro del Lavoro, evidenziando che “solo le pensioni di cittadinanza costano 12 miliardi all’anno, che si sommano al Reddito di cittadinanza, che è un’altra cosa, alla Quota 100, ai 41 anni di contributi, alla nona salvaguardia degli esodati, a Opzione Donna e al blocco dell’aspettativa di vita che, dal primo gennaio, ha fatto salire di 5 mesi l’età pensionabile di vecchiaia e di anzianità”.

Il punto è che “i conti non tornano e la Ragioneria vigila, indipendentemente dai Governi in carica”. Damiano segnala in particolare come i conti non tornino per le pensioni di cittadinanza: “Fino a 500 euro al mese ci sono più di 2 milioni di pensionati che hanno un assegno medio di 3.400 euro all’anno. Bisogna portarli a 9.360 euro (780×12). Aggiungere circa 6.000 euro all’anno a più di 2 milioni di persone costa 12 miliardi”. Quindi chiede a Luigi Di Maio “dove c’è lo stanziamento nella legge di Bilancio. Non ce lo può dire perché non c’è, “soltanto con un imbroglio contabile si può fare ciò che il Governo promette”.