BRAMBILLA: QUOTA 100 NON GUARDA AI GIOVANI

Nel paper dedicato alla riforma delle pensioni con Quota 100, Alberto Brambilla ha evidenziato che il provvedimento non prevede “nulla per i giovani, cioè per quelli che hanno cominciato a lavorare dall’1/1/1996 e che oggi hanno anzianità contributive fino a 23 anni e rappresentano almeno il 50% dei lavoratori in servizio”. Secondo quanto riporta da Labitalia, il Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali evidenzia la mancanza di misure nel decreto per i giovani lavoratori “che la pensione non l’avranno mai; che dovranno lavorare almeno fino a 75 anni; e che se anche avranno la pensione, sarà molto bassa anche per gli anni non lavorati tra un impiego e l’altro”. “Dire a un giovane di 24 anni che dovrà lavorare almeno fino a 75 anni significa bruciare tutte le speranze”,  aggiunge l’ex sottosegretario al Welfare, secondo cui “per questi giovani smontare la legge Fornero sarebbe stata la cosa più equa e, dato che la prima erogazione avverrà tra circa 20 anni, anche la meno costosa e con un piano di ammortamento di modesto importo”.



PUBBLICATA LA CIRCOLARE MIUR

Sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è stata pubblicata la circolare, condivisa con l’Inps, per consentire la presentazione, entro il 28 febbraio 2019, della domanda di pensionamento per i lavoratori della scuola che vogliano usufruire quest’anno delle novità introdotte dal decreto relativo alla riforma delle pensioni. Quanti, quindi, entro la fine del 2019 abbiano maturati i requisiti per Quota 100 o i requisiti per la pensione di anzianità (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), potranno presentare domanda di cessazione dal servizio tramite l’apposita procedura web Polis “istanze on line” a partire dal 4 febbraio. Per il personale delle province di Trento, Bolzano e Aosta occorre invece presentare domanda in forma cartacea direttamente alla sede scolastica. Bisognerà poi rivolgersi all’Inps per quel che concerne la domanda di pensione. Le procedure vanno seguite anche da quanti abbiano intenzione di usufruire di Opzione donna e dell’Ape social, prorogate dal decreto del Governo.



RISCHIO SEI MILIONI DI PENSIONATI POVERI

Il Presidente uscente dell’Alleanza delle cooperative Maurizio Gardini, nel suo intervento all’Assemblea cui ha preso parte anche Giuseppe Conte, ha parlato di riforma delle pensioni. “Quota 100 e la sostenibilità economica della misura sono al centro del dibattito. Sul tema pensioni segnaliamo che gli oltre tre milioni di Neet (tra i 18 e i 35 anni) e i 2,7 milioni di working poor rischiano di trasformarsi in sei milioni di pensionati poveri entro il 2050. È una bomba sociale da disinnescare”, ha detto Gardini, secondo quanto riportato dal sito di Avvenire. Intanto La Stampa riporta alcune indiscrezioni secondo cui l’Inps sospenderà l’invio delle buste arancioni che davano agli italiani le informazioni relative alla loro futura pensione. Pare che, secondo quanto viene riportato da Fanpage.it, all’origine della decisione ci sia la necessità di trovare risorse con cui pagare gli stipendi del nuovo cda dell’Inps che verrà creato con la riforma della governance dell’istituto prevista dal Governo.



IL GRADIMENTO DEGLI ITALIANI

Dopo il varo del decreto relativo alla riforma delle pensioni con Quota 100 e al reddito di cittadinanza, Sky Tg24 ha commissionato a Quorum/YouTrend un sondaggio per capire quanto gli italiani gradiscono il provvedimento. L’Agi ne riporta alcuni risultati. “Sono d’accordo con il Reddito di Cittadinanza il 90,4% degli elettori del Movimento e l’89,8% degli elettori della Lega, mentre apprezzano Quota Cento il 97,2% degli elettori della Lega e il 90,4% degli elettori del M5S. La misura sulle pensioni piace anche all’opposizione, registrando il favore del 25,8% degli elettori di Centrosinistra”. Interessante anche notare che “l’80,9% degli elettori della Lega preferisce Quota Cento, contro il 19,1% che sceglie il Reddito di Cittadinanza, mentre l’elettorato 5 Stelle predilige il Reddito di Cittadinanza nel 62,1% dei casi, contro il 37,9% che preferisce Quota Cento. Sempre relativamente alla pensione, si registra in tutto l’elettorato una forte contrarietà al pensionamento a 67 anni: trovano giusto lavorare fino a questa età l’1% degli elettori M5S, lo 0,1% di quelli della Lega e lo 0% degli elettori di Centrosinistra”.

IL CONSIGLIO SU OPZIONE DONNA

In un post sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, Orietta Armiliato segnala che “solo fra stamani e ieri, ho ricevuto almeno una decina di messaggi accorati di donne membri del Cods ma anche no mentre qualche amica ha anche postato direttamente sulla nostra pagina il suo amaro commento perché, loro malgrado, hanno dovuto prendere atto che il conteggio della propria pensione non ricalcava esattamente quella che era la propria aspettativa. Infatti, alcune di loro si sono viste presentare un calcolo che arrivava a mala pena ad un netto pari a 500€ mensili, mentre la maggior parte di loro ha certificato un totale netto non superiore agli 800€”. La Armiliato, dato che la riforma delle pensioni ha previsto, oltre a Quota 100, la proroga di Opzione donna, consiglia “di non inoltrare le domande di pensione senza aver preventivamente preso atto di quanto sarà, scegliendo Opzione Donna, il vostro reddito mensile da pensione, ma, soprattutto, ricordate che la scelta è irreversibile e che quell’importo vi verrà erogato così come prospettato e per sempre”.

RIFORMA PENSIONI, ESODATI ANCORA BLOCCATI

Luigi Metassi ha pubblicato un comunicato agli iscritti al Comitato esodati licenziati e cessati in cui si evidenzia come, nonostante le reiterate richieste di incontro con la segreteria di Claudio Durigon, ancora non si sia riusciti ad avere nemmeno un contatto telefonico diretto. “È in considerazione di tale particolare disattenzione da parte delle istituzioni che il Comitato esprime tutta la sua preoccupazione per un atteggiamento chiaramente temporeggiante, utile solo a dirottare il confronto verso soluzioni preconcette, nel merito assai lontane da quelle eque e conformi alla natura costituzionale del danno subito dagli esodati”. Dunque il Comitato “si dissocia, fin d’ora, da qualsiasi proposta di sostituire la dovuta salvaguardia con soluzioni estemporanee, a cominciare dalle riforme pensionistiche appena approvate in questi giorni”.

Del resto “Quota 100, in considerazione dei requisiti richiesti, non è raggiungibile per la quasi totalità degli esodati” e anche una sua eventuale rimodulazione “lascerebbe comunque fuori le carriere discontinue (discriminazione di genere nei confronti delle donne) o costringerebbe i lavoratori a versare contributi per i quali hanno già versato”. L’Ape rappresenterebbe inoltre un danno economico per quanti hanno meno di 30 di contributi versati. Ma, cosa più importante, “disconoscere il diritto alla salvaguardia equivale a riversare i lavoratori esodati, privati del reddito ormai da sette anni, nel marasma di graduatorie dove altri lavoratori, tuttora in attività (quindi non in emergenza economica), avrebbero giocoforza precedenza in graduatoria”. Per il Comitato, quindi, la soluzione non può che essere la nona salvaguardia degli esodati.