Lavorare per un futuro migliore è l’ambizioso titolo di un rapporto della Commissione mondiale sul futuro del lavoro dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, pubblicato nelle settimane scorse e ancora oggetto di dibattito in diversi contesti a livello internazionale. La domanda di fondo alla quale lo studio prova a dare una risposta è quella relativa a quale sarà il futuro del lavoro. Le risposte, tuttavia, non sono altrettanto semplici e definitive.



Nuove forze stanno, infatti, trasformando il mondo del lavoro e le transizioni che ne derivano richiedono ora, e in futuro, un governo dei processi probabilmente a livello globale. In questo quadro si prospettano certamente innumerevoli opportunità per migliorare la qualità della vita lavorativa, ampliare le scelte, colmare il divario di genere, rimediare alle disuguaglianze e altro ancora.



Tuttavia questo non accadrà, sottolinea l’Ilo, senza un’azione decisiva che affronti l’incertezza e l’acuirsi delle disuguaglianze nel mondo. Il progresso tecnologico, l’intelligenza artificiale, l’automazione e la robotica, creeranno, ad esempio, (molti?) nuovi posti di lavoro, ma, plausibilmente, chi li perderà durante il processo di transizione saranno forse i meno attrezzati per cogliere le nuove opportunità. Il patrimonio di competenze possedute dai lavoratori di oggi non corrisponderà a quello richiesto dai lavori di domani e le competenze nel frattempo acquisite potrebbero, in ogni caso, rapidamente diventare obsolete.



Allo stesso modo si prevede che la transizione ecologica delle nostre economie, e società, creerà milioni di posti di lavoro man mano che saranno adottate pratiche più sostenibili e tecnologie pulite, ma altri posti di lavoro, evidentemente, scompariranno con il ridimensionamento delle industrie tradizionali ad alta intensità di carbonio e di risorse.

Gli stessi cambiamenti demografici non saranno meno importanti. Popolazioni sempre più giovani del sud del mondo e sempre più anziane nel “nostro” occidente, e le loro dinamiche, eserciteranno inevitabilmente pressioni sui mercati del lavoro e sui sistemi di sicurezza sociale.

Questi mutamenti “ in corso” offrono insomma, almeno sulla carta, nuove possibilità, potremmo anche dire nuove sfide, per creare società più attive e inclusive.

Alla luce di questa, seppure sintetica, analisi del futuro (presente) del lavoro che ci offre il dibattito internazionale sarebbe interessante, e curioso, sapere come si posizionano, tra un cinguettio e l’altro contro gli alleati/avversari di oggi e di ieri, su questi temi le diverse famiglie politiche italiane, ed europee.