Da bravo studente, pigro, raggiunto dalle TIN TopInpsNews per la nomina di Pasquale Tridico e Francesco Verbaro a commissario e sub commissario dell’Ente (per ora, ma in futuro rispettivamente presidente e vicepresidente), nonché memore di un passaggio manzoniano, ho fatto zapping sulle brevi ma interessanti biografie dei due. Tridico, ammiratore di Sylos Labini, compare nel portale della Cgil… e non in merito alle news, ma come risorsa attiva e così pure sul blog di Economia e Politica con Augusto Graziani e Luciano Gallino. Interessante! Perché si coniuga con quel dramma etico che lo ha portato allora a non sedersi con Salvini. Ora, per il bene della politica e per Quota 100 porta un risultato declinato delle convergenze parallele dei due capi. Sono stato bravo… non ho scritto “un risultato di declino”!
Verbaro, autorevole giurista, è tra l’altro nella Scuola Superiore di Amministrazione e ha ricoperto cariche importanti al ministero del Lavoro e del Welfare a via Flavia quando era ministro Sacconi. Probabilmente vide passare il mio Interpello al Ministro in merito alle dinamiche – che abbiamo visto snodarsi (o annodarsi?) – di fondi solidarietà ed esodi, costo sostitutivo del lavoro da switch generazionale, e veto a quella permanenza prolungata presente nella Legge delega delle pensioni. Permanenza allora volontaria, ora legata all’aspettativa di vita. Devo confessare che, maliziosamente, l’Interpello serviva a capire quale sarebbe stato di fatto, in materia, il comportamento autentico del ministro.
E così al termine dello zapping è arrivata la nota “faccina alla Charlie Brown”. È arrivata per Tridico in merito tanto alla sperimentabilità dei percorsi provati per tagliare le pensioni d’oro (e poi si è visto com’è andata solidalmente a finire), quanto all’accreditata paternità del Reddito di cittadinanza linkato al Pil potenziale con gli escamotage riflessi in calcoli deficit/Pil in sede europea.
Ed è arrivata per Verbaro, sicuramente illeso nel suo ruolo consigliere giuridico di Sacconi in merito alla risposta al mio Interpello che rimase solo a metà. Infatti, la segreteria del ministro mi allegò una risposta articolata: metà di una direzione con cui si ripassavano norme note, mentre anticipava l’arrivo dell’altra metà dell’altra direzione che mi avrebbe dovuto dare l’interpretazione autentica di quello che avrebbe fatto sul campo il ministro, ma non arrivò mai.
Ma veniamo al sodo e del perché di queste nomine. Così ho copiato… da Wikipedia (Grazie Wiki): “Lo spoils system (espressione inglese; in italiano sistema delle spoglie) è la pratica politica, nata negli Stati Uniti tra il 1820 e il 1865, secondo cui gli alti dirigenti della Pubblica amministrazione cambiano con il cambiare del Governo. Le forze politiche al Governo affidano dunque la guida della complessa macchina amministrativa a dirigenti che ritengono che non soltanto possano, ma anche vogliano far loro raggiungere gli obiettivi politici. Nell’accezione più negativa, le forze politiche al Governo distribuiscono a propri affiliati e simpatizzanti le varie cariche istituzionali, la titolarità di uffici pubblici e posizioni di potere, come incentivo a lavorare per il partito o l’organizzazione politica, e in modo da garantire gli interessi di chi li ha investiti dell’incarico”.
Ho riportato il testo completo per una semplice ragione, coprire anche l’area del “premio di fedeltà ai propri” che mi sembrava nella sua banalità e perniciosità prendere in considerazione l’adeguamento a linee spesse frullate e mutevoli dei due capi di riferimento Di Maio e Salvini. Non dimentichiamo che anche Quota 100 è in quota all’Inps! Ora è chiaro che Tridico e Verbaro ci capitano rebus sic stantibus (da contratto). Mai mi sarei però permesso di sostenere una linea simile, stante la riconosciuta capacità intellettuale dei due, ovviamente in molti casi distante dai loro profili e interventi, così come lo è stata verso Boeri. Ho voluto invece additare un rischio, qualora entrambi nutrano nelle loro tesi e nei loro atti quel senso di riconoscenza verso i capi che depaupera il Paese, ma ingrossa i voti… e ingrassa la comunicazione. Come due risorse di rilievo del Paese a livello accademico e amministrativo si debbano preparare a un nuovo job, alquanto lontano da quello della ricerca universitaria o della gestione di problematiche come quelle della formazione pubblica nella Scuola Superiore di Amministrazione è un atto di responsabilità in primis verso il Paese stesso. Atto di responsabilità al quale deve presiedere non tanto la diversità e la differenza rispetto a oppositori e critici, quanto l’onestà intellettuale.
Gestire l’Inps, come ha dichiarato autorevolmente Giuliano Cazzola, non è facile. È molto simile a un percorso di guerra, stanti i cosiddetti stakeholders che non vanno limitati solo al perimetro nazionale caro all’etica salviniana e forse più facile sull’indirizzo in casa proprio, che sui riscontri internazionali. Governance, ruolo, funzioni dell’ente, patrimonio risorse e debiti sono un importantissimo arcipelago del sistema italiano, non scollegato dalla terraferma della sanità e del lavoro. Auguro ai due “bonne chance” di rendere fruttuoso l’impegno loro richiesto per far diventare operative le misure. Quelle stesse misure più volte, per diversi motivi, metodologicamente, politicamente e pubblicamente da me criticate.
Questo perché – al di là degli scopiazzamenti – sono misure ricche di buone intenzioni, ma povere di leva rispetto alle aspettative nutrite, mancando un corretto impianto di riforma “ab initio”. Concluderei dicendo che “per cambiare c’è sempre tempo”. Ma sarà poi vero. E questo gli economisti lo sanno….