L’organizzazione internazionale del lavoro, che festeggia quest’anno i cento anni di attività, ha pubblicato i risultati dello studio svolto da una commissione di esperti mondiali sul futuro del lavoro. Il Sussidiario ne ha già parlato rivolgendo alla politica le domande di fondo contenute nel rapporto. Vale la pena tornare ai temi centrali posti dal rapporto perché non si interroga solamente sui cambiamenti prevedibili del lavoro nei prossimi anni, ma fissa alcuni obiettivi per delineare un futuro migliore per il lavoro.
Sono in corso alcuni cambiamenti strutturali che indurranno a profondi cambiamenti nel lavoro e implicano processi di transizione che richiedono una partecipazione attiva. Progresso tecnologico, e in particolare le applicazioni dell’intelligenza artificiale ai processi produttivi e ai prodotti, assieme alla transizione ecologica dell’economia per una circolarità dei beni e delle materie, segneranno i prossimi passi del cambiamento dei sistemi produttivi. Saranno messe da parte vecchie competenze professionali e ne saranno richieste di nuove. Il mutamento sarà modulato e permetterà ai lavoratori di vivere la transizione senza processi di esclusione oppure sarà così veloce da spiazzare milioni di loro e solo dopo tempi più lunghi permetterà di sanare le ferite sociali indotte?
Oltre ai mutamenti tecnologici è in corso una transizione generazionale che apre squilibri fra paesi a forte crescita della popolazione di giovane età e altri dove l’invecchiamento della popolazione crea problemi al ricambio nel mercato del lavoro. Come in tutte le fasi di grande cambiamento si può osservare che quanto sta avvenendo avrà dei costi e può creare fratture sociali ed economiche profonde, oppure diventare una nuova opportunità per riscrivere il contratto sociale, che sta alla base dei sistemi di welfare, per creare una società più attiva e inclusiva con rinnovati sistemi socio-sanitari di assistenza, più opportunità di mobilità sociale, eguaglianza fra uomini e donne e maggiore giustizia sociale nei trattamenti lavorativi e pensionistici.
Importante nelle proposte avanzate dalla ricerca/proposta per un futuro migliore del lavoro è la nuova centralità della persona nel nuovo mondo del lavoro. Se vogliamo un lavoratore libero dai ricatti del mercato e delle forze economiche vi è la necessità di un forte investimento nel capitale umano. Il sistema formativo di base dovrà fornire a tutti più strumenti di conoscenza tesi a dare piena autonomia alla persona per sviluppare i propri talenti attraverso il lavoro. Ma a ciò vanno aggiunti strumenti di formazione continua lungo tutto l’arco della vita perché sarà determinante per mantenere viva l’autonomia e il valore di ciascuno in ogni fase di impegno lavorativo, anche di fronte a cambiamenti indispensabili. Oltre a un sistema di protezione sociale che permetta a ogni età di essere garantiti da un sostegno economico che dia libertà di attivarsi nel contribuire alla crescita sociale. Essenziale per questo è un sistema di servizi per le fasi di transizione da un lavoro all’altro con sostegno formativo personalizzato e sostegni al reddito famigliare.
I percorsi scuola-lavoro e il sistema duale di una formazione professionale capace di dare risposta alle continue e innovative domande di professionalità e competenze in continua evoluzione possono assicurare ai più giovani un ingresso nel mercato del lavoro più semplice e con contratti adeguati e riconoscere l’investimento formativo fatto.
Il rapporto invita anche a uscire dalle generiche affermazioni a favore dell’eguaglianza e propone obiettivi misurabili applicabili all’esigenza di ottenere, a partire dal superamento della diseguaglianze fra uomini e donne sul lavoro, una società di persone più eguali e più libere nel partecipare, con il loro lavoro, alla costruzione di una società più equa. È certo che perché ciò possa avvenire, le principali forze politiche popolari debbano condividere, pur con ovvie differenze attuative, gli obiettivi indicati.
Prima della politica e dei partiti è però bene sottolineare come il rapporto insista sulla necessità di investimenti, pari a quelli operati sulla persona, su rappresentanza e istituzioni del mondo del lavoro, perché è principalmente dall’introduzione di nuove garanzie e da un rinnovato dialogo sociale che possono venire nuove soluzioni sociali condivise. Salari che assicurino una vita dignitosa, orari che consentano una vita famigliare condivisa, tutela della sicurezza e della salute sul lavoro, libertà di associazione a tutela dei diritti individuali e collettivi, sono le basi su cui innestare una nuova stagione di contrattazione capace di innalzare il dialogo sociale, aprire nuovi spazi di crescita delle imprese, gestire assieme gli impatti delle tecnologie perché contribuiscano a dare sempre più dignità e qualità al lavoro.
Se accettiamo di vedere nei cambiamenti in corso non una condanna a essere sconfitti, ma una nuova opportunità per dare al lavoro un futuro di maggiore soddisfazione, deve crescere la disponibilità di tutti, dai singoli alle associazioni di rappresentanza alle istituzioni della società, ad assumersi la responsabilità di svolgere fino in fondo la scelta del dialogo sociale e di perseguire obiettivi comuni per un lavoro di qualità per tutti. Rendere pubblica la misurazione dei progressi fatti potrebbe essere la prima iniziativa di responsabilità collettiva per dimostrare che abbiamo accettato la sfida.