Ogni anno, dal 2008, l’Istat offre una selezione di oltre 100 istantanee (che suona decisamente meglio di indicatori statistici) del nostro Paese, che raccontano le tante differenze regionali che ci caratterizzano e della nostra collocazione nel contesto europeo. L’ultimo scatto, quello riferito al 2018, ci dice, ad esempio, come prosegua la diminuzione della popolazione residente. Per chi rimane, oltre un terzo dei residenti è concentrato in sole tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania. Il Mezzogiorno si conferma poi l’area più popolata del Paese, ma è anche quella dalla quale sempre più persone partono (scappano?).
Il numero medio di figli per donna è poi pari a 1,32, valore sensibilmente inferiore alla soglia che garantirebbe il ricambio generazionale (circa 2,1 figli). L’età media della madre italica è, quindi, di 31,9 anni, e le mamme più giovani risiedono nelle regioni del Mezzogiorno. Interessante segnalare come, in questa particolare classifica europea, il nostro Paese si collochi all’ultimo posto per fecondità, insieme alla Spagna.
Torna a ridursi nel 2017 anche il numero dei matrimoni e il quoziente di nuzialità scende a solamente 3,2 matrimoni per mille abitanti. A livello europeo l’Italia è, sulla base di questi dati poco confortanti, ancora uno dei Paesi dove ci si sposa meno; solo Portogallo, Slovenia e Lussemburgo hanno, infatti, un quoziente di nuzialità più basso. Forse, insomma, i problemi delle famiglie non sono i convegni che si organizzano pro o contro, ma l’assenza da lungo tempo di politiche mirate.
Ai tempi dei #portichiusi risiedono in Italia oltre 5 milioni di cittadini stranieri (97 mila in più rispetto al 2017), pari all’8,5% del totale dei residenti. Nel confronto europeo, il nostro Paese conferma, nonostante tutto un’incidenza più elevata di cittadini stranieri residenti della media Ue ed è preceduta, tra i principali Paesi, da Regno Unito (9,2%), Spagna (9,5%) e Germania (11,2%). Inoltre, nel corso del 2017 i nuovi permessi di soggiorno rilasciati sono stati circa il 16% in più rispetto all’anno precedente (262.770 a fronte di 226.934 nel 2016). I nuovi ingressi hanno riguardato soprattutto il Nord-ovest e il Mezzogiorno.
Dal punto di vista socioeconomico crescono, ahimè, sia l’incidenza di povertà assoluta (6,9% delle famiglie residenti) sia quella relativa (12,3% delle famiglie). Una situazione di particolare svantaggio si registra, in particolare, nel Mezzogiorno, con il 10,3% delle famiglie in povertà assoluta e quasi un quarto in povertà relativa. Sicilia e Lazio sono, quindi, le regioni dove la diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito, è più elevata mentre nelle regioni del Nord-est prevale una maggiore uniformità.
In questo ritratto di famiglia con luci e ombre, insomma, si inseriscono le politiche del Governo giallo-verde, a partire dal reddito di cittadinanza, e le fibrillazioni dovute, inevitabilmente, alle prossime elezioni europee.