Capita, in questo Paese di santi, eroi, navigatori, poveri benestanti… e pensionati, che non tutte le ciambelle riescano col buco. Soprattutto quando si tratta di lotta alla povertà. Il ministero del Lavoro ha reso noto il numero delle domande presentate fino al 7 aprile per riscuotere il reddito di cittadinanza (RdC), la prestazione monetaria, nuova di zecca, destinata ad “abolire la povertà”. Il comunicato ministeriale sciorina dati con un tono più laconico che burocratico. “I numeri – è scritto – racchiudono sia le domande online, sia quelle pervenute agli uffici postali e quelle raccolte dai Caf. Al 7 aprile 2019, sono 806.878 le domande già caricate dall’Inps sulla piattaforma relativamente alle richieste di Reddito di cittadinanza: 433.270 sono giunte da donne (54%) e 373.608 da uomini (46%). Con riferimento all’età dei richiedenti, la percentuale maggiore si annida nella fascia d’età tra 45 e 67 anni con poco più del 61% (494.213 domande), seguiti con coloro che hanno un’età compresa tra i 25 e i 40 anni, con 182.100 domande (di poco inferiore al 23%). Il resto è distribuito tra gli ultra 67enni (105.699 domande, leggermente superiore al 13%) e poco più del 3% tra i minori di 25 anni”. Segue poi una tabella (il che non guasta mai) riguardante la ripartizione per regione e genere.
Ovviamente la raccolta delle domande non è chiusa, avendo la misura carattere strutturale. Va riconosciuto, poi, che questa prima fase (grazie agli accordi con le Poste e con i Caf) è stata gestita senza quei disguidi organizzativi che si temevano con lunghe code agli sportelli e quant’altro. La distribuzione delle domande conferma gli effetti attesi per quanto riguarda le regioni del Sud e le donne, mentre il 3% degli under 25 anni è un pugno in un occhio (soprattutto se lo si aggiunge al 23% delle coorti comprese tra 25 e 40 anni).
In giro, negli ambienti “gialli” (non ci riferiamo alla tinteggiatura delle pareti) si avverte un po’ di delusione. La stessa che si coglie laddove domina il colore verde (le domande per quota 100 sono state a fine marzo poco più di 100mila, circa un terzo di quelle previste nel 2019) di cui 35mila riguardanti sia il lavoro pubblico che quello privato (ovvero 70mila in totale). Delle 100mila domande due dati vanno segnalati: il 73% sono state presentate da maschi e il 66% da persone in età superiore ai 63 anni.
Il Governo aspetti a gettare la spugna: il cavallo beve adagio sia alla fonte del RdC, sia a quella delle pensioni anticipate. Ma beve. Si dirà, soprattutto, per il RdC che le regole sono troppo severe e che i giovani sono pochi perché vivono ancora in famiglia. E se , invece, fosse eccessivo il numero stimato dei poveri? Abbiamo ricordato all’inizio che non è la prima volta che i numeri previsti fanno cilecca. Ricordate il milione di lire al mese per le pensioni minime promesso dal signor Bonaventura/Berlusconi? Il Governo del Cav., nella sua prima Finanziaria, volle onorare un impegno solenne che il premier stesso aveva assunto con gli elettori nel “salotto buono” di Bruno Vespa. Le pensioni integrate al minimo furono elevate fino a un milione di lire (divenute poi 516,4 euro col cambio di moneta, fino ai 650 euro circa attuali, grazie alla rivalutazione automatica) per 13 mensilità.
Poiché non c’erano risorse per migliorare tutti i trattamenti minimi, vennero stabiliti dei criteri selettivi legati all’età e al reddito del singolo o della coppia, in base ai quali l’istituto della maggiorazione sociale (un assegno erogato ai pensionati privi di altri redditi) era incrementato fino a raggiungere l’importo indicato. In verità, l’operazione si rivelò subito più complessa del previsto, tanto che il Governo, in un primo tempo, pensò che fosse in atto un vero e proprio sabotaggio da parte dei sindacati e degli enti di previdenza, dal momento che pervenivano domande in numero inferiore a quello atteso. Si affidò persino a un Sottosegretario il compito di seguire la vicenda, al fine di snellire le procedure affinchè il nuovo trattamento fosse erogato al maggior numero possibile di pensionati.
A un certo punto, l’Inps, su invito del Governo, mise a disposizione gli aumenti, presso gli sportelli postali, anche a favore di coloro che non avevano presentato la domanda, purchè rilasciassero una semplice autocertificazione circa la sussistenza dei requisiti di legge. In sostanza, si lasciò intendere che, al dunque, si sarebbe chiuso un occhio, anche perchè i criteri sarebbero stati rivisti. Nonostante tutto questo gran daffare, furono raggiunte soltanto 1,6 milioni di persone: meno di quelle stimate (2,2-2,3 milioni) e si risparmiarono, così, circa 600-700 milioni di euro rispetto ai 2 miliardi stanziati.
È plausibile che tanti pensionati in quella occasione, siano stati quasi costretti dal Governo, per motivi di prestigio politico, ad accettare miglioramenti, magari non dovuti. Si ripeterà la medesima storia?