Recentemente il Professor Gianni Canova è stato nominato Rettore dell’Università IULM. In un dichiarato panorama universitario di insicurezza e incertezza rispetto al mondo del lavoro, Canova ha dichiarato di voler promuovere un cambiamento radicale nell’università a favore dello studente, della sua formazione e conseguentemente del suo futuro. Ho voluto intervistarlo per indagare ed approfondire questi suoi obiettivi e il suo parere su cosa sia la cultura.
Dallo scorso primo novembre è ufficialmente Rettore, ha già rilasciato delle dichiarazioni totalmente disruptive tra le quali “mettere al centro lo studente” e “andare a spaccare legami di potere e relazioni poco chiare tra professori all’interno dell’università”: conferma o rilancia?
Confermo e rilancio. Il problema di questo Paese, secondo il mio pensiero, è che per decenni, in quasi tutti i comparti, si è lavorato non per gli utenti, ma per chi lavorava in quello stesso comparto. Nell’università questa situazione è ancora più clamorosa, poiché negli ultimi trent’anni essa è stata costruita in funzione soprattutto degli interessi dei professori, senza mai pensare a cosa serva realmente agli studenti, ai percorsi formativi e anche al Paese. Tra miei obiettivi maggiori c’è sicuramente quello di far tornare tutte le università italiane a formare la classe dirigente del futuro per questo Paese. In questa prospettiva tra gli scopi da perseguire ci sarà innanzitutto l’aumento dei posti per i ricercatori, così da facilitare l’acceso dei giovani alla carriera universitaria e far sì che l’università stessa torni a essere un centro di produzione e confronto di idee e in secondo luogo è prevista una revisione dei nostri corsi di laurea.
Che ruolo ha l’università in un contesto di elevata disoccupazione giovanile? O più drasticamente: la cultura paga?
La cultura paga assolutamente, ma non può essere monetizzabile solo in termini di quanto può guadagnare un ragazzo laureato in più rispetto a un non laureato. La cultura serve a sviluppare le abilità più richieste dal mercato del lavoro, quali il senso critico, la capacità di analisi e sintesi, la creatività, il problem solving; bisogna diffondere il messaggio che la cultura non solo paga e serve, ma che è anche emozionante e fa vivere meglio.
La IULM è un centro di eccellenza e accoglienza soprattutto nel campo della comunicazione, verso quali lidi inesplorati la porterà?
Bisogna innanzitutto sfatare il mito che la comunicazione sia una cosa esplosa in tempi moderni con la rete, la società umana è da sempre una società comunicante, a oggi è diversa la velocità e la quantità delle informazioni che circolano. Qui in università dobbiamo far capire alle aziende, alla Pubblica amministrazione, che innescare processi virtuosi di comunicazioni migliorerebbe i rapporti tra istituzione e cittadino. Un grande tema su cui invece la riflessione è ancora troppo indietro è l’etica della comunicazione, perché si tratta di passare da una valutazione quantitativa a qualitativa, che vada a premiare il tipo di messaggi che veicoli e non il numero di like e followers che riesci a ottenere. Stiamo andando verso un mondo in cui i dati reali non interessano quasi più, in cui si è ormai generata la “mis-informazione” ovvero l’impossibilità oggettiva in cui si trova il singolo utente di decidere sulla veridicità o falsità dell’informazione ricevuta. Ci si ritrova immersi in una brodaglia di informazioni non verificate fino alla fine in quanto la veridicità dei dati è difficilmente narrabile tanto che l’utente “mis-informato” finisce per abbandonarsi alla pancia. Certo, è difficile tornare a parlare alla testa e al cuore oltre che alla pancia: è questa la sfida che abbiamo di fronte ed è quello che dobbiamo insegnare alle nuove generazioni attraverso l’esperienza.
Pensa che nei prossimi anni sarà più felice come Rettore o sarebbe stato più felice non facendolo?
Una parte di me sarebbe stata più felice non facendolo, mentre c’è un’altra parte che auspica che quella parte di me sarà più felice facendolo. In tutto ciò, in ogni caso, un’altra parte rimarrà comunque infelice: non essendoci un solo Canova ma essendocene un centinaio, qualcuno godrà e qualcun altro soffrirà.
(Luca Brambilla)