Tito Boeri – nella sua intervista al Corriere della Sera di ieri – ha messo nuovamente a fuoco le questioni che attengono alla (contro)riforma delle pensioni, annunciate dal Governo giallo-verde e vantate come se fossero già cosa fatta. Al solito, Salvini ha invitato il Presidente dell’Inps a candidarsi e a farsi eleggere, essendo questo, a suo avviso, il solo modo per acquisire il diritto di esprimere delle opinioni in merito alle iniziative della maggioranza e del Governo. In verità, questa volta Boeri è difficilmente contestabile (ammesso e non concesso che lo sia stato finora), perché si è limitato a spiegare a un’opinione pubblica sobillata e disorientata che “il re è nudo”; ovvero che nel disegno di legge di bilancio all’esame della Camera – a parte uno stanziamento di 6,7 miliardi per il 2019 e di 7 miliardi dal 2020 – allocato in un apposito fondo destinato alle pensioni – non vi è (si veda l’articolo 21) uno straccio di norma in grado di indicare quali saranno i requisiti per avvalersi del pensionamento anticipato.



In sostanza, nella riforma delle pensioni la famigerata quota 100 viene tuttora tramandata – come i poemi antichi – per “tradizione orale”. In tale contesto, chiunque mastichi un po’ di diritto non può che trarre una conclusione: la (contro)riforma dovrà essere attuata con un altro provvedimento, sia esso un disegno di legge collegato (il quale non si avvale del contingentamento riservato alla sessione di bilancio) o un decreto legge successivo all’approvazione della manovra, sempre che gli sia riconosciuto il carattere di urgenza.



Tutto ciò premesso, una persona curiosa e capace che è incaricata, per di più, di presiedere il più grande Istituto previdenziale d’Europa (e a cui nessuno ha chiesto di dimettersi in maniera formale) si domanda perché non è sbocciato il florilegio delle quote dopo mesi in cui le promesse della campagna elettorale sono state ribadite da tutti gli esponenti della maggioranza e commentate, a iosa, non solo sui quotidiani e nei talk show, ma in tutti i Bar Sport della penisola.

Sorge, allora, il legittimo dubbio (peraltro condiviso da tutti gli osservatori nazionali e internazionali) che il Governo sappia bene che le risorse stanziate non sono sufficienti a garantire, in un solo colpo, quota 100, la pensione di cittadinanza, l’opzione donna e quant’altro sbandierato urbi et orbi. Saranno quindi necessari degli accorgimenti, tali da ricondurre le nuove norme a essere compatibili con le risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa.



E qui sorge un problema sollevato da Boeri nell’intervista: come si può condizionare il riconoscimento di un diritto soggettivo all’interno di un limite di spesa? Si accontenta chi arriva prima fino a quando le risorse non sono finite? Boeri ammette che tali strumenti di gestione finanziaria sono stati previsti in altre occasioni, ma si trattava però di piccoli gruppi di persone interessate. Diventerebbe, invece, molto complesso applicare siffatto metodo in un’operazione che coinvolge centinaia di migliaia di persone.

Il Presidente dell’Inps si diffonde, nell’intervista, anche sul reddito di cittadinanza, a proposito del quale sembrerebbe esservi un rapporto di collaborazione tra l’Inps e il Governo. Anche in tal caso sarebbe necessario – conferma Boeri – rimodulare l’intervento contro la povertà, tenendo conto delle condizioni del soggetto e della famiglia (per esempio, essere o meno proprietari della casa d’abitazione). In sostanza, ci saranno delle sorprese. In primo luogo per chi ha votato questa maggioranza e ancora la sostiene.

Non si parla più di pensioni d’oro. Ciò significa, forse, che la questione resta affidata al progetto di legge D’Uva-Molinari? Auguri.