Giochiamo a fare i cinici e domandiamoci quanto potrebbe rendere, ai gialloverdi, il combinato disposto del reddito di cittadinanza e di “quota 100“. La risposta è: tanto. Salvo buon fine, come si diceva una volta in banca, quando c’erano le banche.
Ovvero: la platea dei beneficiati dei due provvedimenti economici “bandiera” del Governo ammonta appunto – parole del premier Giuseppe Conte, e Giuseppe Conte è uomo d’onore – appunto a sei milioni di italiani che sia pure a vario titolo, non immediatamente e non senza qualche farraginosità burocratica, dovrebbe andare “a star meglio”. E quindi passare a votare i gialloverdi, qualora non avessero già fatto l’anno scorso; o continuare a votarli, qualora l’avessero fatto e negli ultimi mesi di caos politico avessero iniziato a meditare un cambio di casacca.
Matteo Renzi – nella sua infinita arroganza, di fronte alla quale quella bronzea di Salvini e quella d’oro di Berlusconi appaiono, pur sommate, come l’umiltà d’un terziario francescano – aveva creduto che gli italiani si accontentassero della mancetta da 80 euro al mese che aveva elargito spendendo peraltro (pardon, sperperando) 10 miliardi di euro, contro i circa 7 delle misure gialloverdi sommate insieme. S’è visto com’è andato a finire: gli 80 euro sono stati tenuti nel cassetto o sono stati investiti in conti correnti (“investiti”, insomma, si fa per dire) e certamente non sono finiti nell’urna elettorale del Rignanese. Dove andranno a finire questi soldi stanziati da Conte & C?
Non dimentichiamo di sommare ai sei milioni (per la precisione, ha detto Conte, “5 milioni di persone che si trovano in povertà e 1 milione di persone che potranno andare nel triennio in anticipo in pensione”) un’altra manciata di cittadini – chi dice mezzo milione, Salvini dice un milione – che beneficeranno della flat-tax al 15% per le partite Iva. E poi ritiene di elevare dai 6 milioni conteggiati da Conte a un totale di 10 i beneficiati della manovra: con una discrepanza dalla portata di ben 4 milioni di teste, il che depone male sulla chiarezza delle idee dei vari leader, ma questa non è una novità…
Dunque il dividendo di consenso elettoralistico per i gialloverdi dovrebbe essere alto, se non altissimo. Andare in pensione a quota 100 per chi ha problemi nel proseguire il lavoro è un sollievo che fa digerire serenamente le decurtazioni pensionistiche. Incassare 780 euro al mese è in molte regioni d’Italia un modo per uscire davvero dall’indigenza.
Il tutto però, ricordano con ragione i rigoristi, nasce da un grande azzardo morale commesso dal Governo. Facilmente riassumibile. La Legge di bilancio 2019 così faticosamente approvata si fonda sul presupposto di una crescita del Pil all’1%, che se l’andamento critico manifestato dall’economia italiana – in un quadro europeo altrettanto critico – proseguirà, non verrà conseguito. Gli effetti di questo calo della crescita del Pil sulle entrate tributarie, in mancanza di un serio recupero dell’evasione fiscale per il quale i gialloverdi non hanno messo in campo alcuna misura, oltre alla speranza che la flat-tax faccia emergere qualche evasore fifone, si avvertiranno formalmente in luglio, quando la nota di aggiornamento finanziario rivelerà gli eventuali ammanchi, obbligando il Governo alla classica manovra correttiva estiva, peraltro compiuta (verrebbe da dire “commessa”) anche dai governi Renzi e Gentiloni: ma, appunto, la correzione se ci sarà, cadrà dopo la consultazione elettorale europea di fine maggio, sulla quale i grillini puntano per confermare la loro affermazione di un anno fa e i leghisti salviniani per affermare una crescita che i sondaggi prevedono impetuosa, grazie soprattutto però (più che a quota 100 e alla stessa flat-tax) alla linea dura di Salvini sull’immigrazione.
Riepilogando: il Governo promette mari e monti in campagna elettorale, mantiene laghetti e colline ma pur sempre con una buona capacità di narrazione e persuasione, incassa un successo politico alle europee che lo consolida in sella e poi mette mano ai tagli. Andrà probabilmente così.
La domanda sul futuro a medio termine, dunque, diventa ben diversa: come e quanto reggerà l’alleanza Salvini-Di Maio alla modifica dei rapporti relativi tra i due partiti che emergerà dalle europee di maggio e alla successiva, probabilissima manovra correttiva estiva, che dovrà erodere in qualche altro modo del tutto o in parte i vantaggi economici elargiti dalla manovra 2019?
Un’immagine icastica fa capire meglio di qualunque ragionamento la sostanza del rapporto di puro interesse che regge l’alleanza gialloverde: Conte e Di Maio che espongono il cartello celebrativo di entrambe le misure-simbolo del Governo, cioè Reddito di cittadinanza e Quota 100; e Salvini, accanto a loro, sorridente, ma con in mano un cartello separatista, dove c’è scritto solo Quota 100. Più chiaro di così: un modo per dire che lui, che la sua Lega, quella roba lì non l’avrebbe fatta.
Siamo un Paese di pagliacci.