IL SONDAGGIO CODS SU OPZIONE DONNA

Dopo le dichiarazioni di Gualtiero Caffaratto, che aveva ricordato come con la riforma delle pensioni sia provveduto a prorogare Opzione donna, su cui ci sarebbe accuse infondate circa la riduzione del futuro assegno pensionistico, Orietta Armiliato ha avviato un sondaggio tra le iscritte al Comitato Opzione donna social, chiedendo loro quale sarebbe stata/è stata la cifra dell’assegno che avrebbero/hanno avuto con Opzione donna e se avessero deciso o meno di aderire a questa forma di pensionamento. “L’importo risultante dal nostro sondaggio pari a 983 euro mensili, corrisponde alla media matematica, la media ponderata invece produce un risultato pari a 870 euro”, ha scritto Armiliato in un post per comunicare i risultati del sondaggio. Su 200 lavoratrici, 160 hanno scelto poi di aderire a Opzione donna. Interessante però notare che “coloro che hanno accettato sono prevalentemente lavoratrici disoccupate, spesso di lungo periodo, che al momento non percepiscono nessun ammortizzatore e non possono contare su alcun reddito, altre hanno situazioni lavorative a rischio (chiusura azienda, fallimento etc) altre hanno optato per ragioni legate allo stato di salute”.



RINVIO AL SENATO SUL DECRETONE

Al Senato la Conferenza dei capigruppo riunitasi questa mattina ha spostato a domattina l’esame del decreto relativo alla riforma delle pensioni con Quota 100 e al reddito di cittadinanza. Sembra intanto che il taglio delle pensioni d’oro partirà a partire dal mese di giugno. Il Sole 24 Ore ha calcolato che chi percepisce una pensione da 110.000 euro lordi, il taglio sarà di 1.500 euro, sempre lordi, quindi meno di 66 euro al mese. Se la pensione ammonta invece a 150.000 euro, il contributo di solidarietà sarà superiore a 415 euro al mese, mentre con 300.000 euro lordi di pensione diventerà di 2.280 euro. L’importo del taglio salirà sopra i 5.000 euro netti al mese nel caso di pensioni di 500.000 euro lordi l’anno. Insomma, come si può notare le aliquote sono progressive. Ricordiamo che contro questo intervento si sono già levate delle proteste e c’è chi è pronto a presentare ricorso contro il provvedimento dinanzi alla Corte Costituzionale. Non resta che aspettare di sapere quale esito eventualmente avranno tali ricorsi.



PUGLISI SU QUOTA 100

Sono più di 100.000 le domande presentate all’Inps per accedere a Quota 100 e sarebbe importante, secondo Riccardo Puglisi, sapere se chi l’ha inoltrate è disoccupato o meno. Intervistato da Alessandro D’Amato per il sito di Michele Santoro, il Professore di Economia politica ha ricordato che uno degli obiettivi della riforma delle pensioni è quello di creare dei posti di lavoro per i giovani grazie a quelli lasciati liberi da chi va in quiescenza. Tuttavia se a utilizzare Quota 100 è un disoccupato, è impossibile che si crei un nuovo posto di lavoro. Puglisi si è anche dichiarato “totalmente” ammiratore della Legge Fornero e ha spiegato come l’urgenza richiesta dalla situazione abbia determinato poi il crearsi di conseguenze impreviste come quella degli esodati. L’economista ha quindi fatto presente che la riforma delle pensioni del 2011 ha consentito risparmi per 300 miliardi di euro e che le salvaguardie per gli esodati sono costate tra i 10 e i 15 miliardi di euro. Nessun accenno però al fatto che nonostante tutto questi ci sono ancora circa 6.000 esodati privi di salvaguardia di cui nessuno sembra volersi occupare.



AUMENTANO I PIANI INTEGRATIVI

Mentre i Governi negli anni hanno proceduto a continui interventi di riforma delle pensioni, gli italiani prendono sempre più in considerazione il famoso terzo pilastro previdenziale. In un articolo su Avvenire viene infatti evidenziato che “il 61% degli italiani pensa a una buona polizza assicurativa e il 52% a un piano pensionistico integrativo. Attualmente il 45% è titolare di una polizza vita, meno del 35% di una polizza infortuni o salute e circa il 3% di una copertura long term care, per effetto dell’impianto culturale tipico del nostro Paese ancora solidamente ancorato a fatalità e scaramanzia. Eppure vengono spesi parecchi soldi per fronteggiare la non autosufficienza; e le previsioni non sono rosee per il futuro; inoltre le donne sono maggiormente in apprensione rispetto agli uomini e le preoccupazioni riguardano il timore di non avere una pensione ragionevole, di non riuscire ad occuparsi della vecchiaia dei propri cari e l’instabilità del lavoro”. Dunque sta aumentando la consapevolezza che la futura pensione potrebbe non bastare, specie se totalmente basata sul sistema contributivo.

DECRETO ALL’ESAME DEL SENATO

Oggi il decreto relativo alla riforma delle pensioni con Quota 100 e al reddito di cittadinanza comincia quello che dovrebbe essere un brevissimo passaggio al Senato per la terza lettura. Il provvedimento deve infatti essere convertito in legge entro il 29 marzo ed è facile quindi immaginare che si porrà la fiducia sul testo, in modo da evitare che vi siano emendamenti allo stesso, la cui discussione allungherebbe i tempi prima della votazione finale. Intanto l’Inps ha fatto sapere che le domande presentate per accedere a Quota 100 hanno superato la soglia delle 101.500 unità. Più di 20.500 arrivano da persone che hanno più di 65 anni, mentre circa 34.100 da aspiranti pensionandi con meno di 63 anni. Il grosso dei richiedenti, quasi 47.000, hanno invece un’età compresa tra 63 e 65 anni. Sempre dai dati comunicati dall’Inps, vi è un sostanziale equilibrio tra dipendenti pubblici e privati (più di 35.500 in ambo i casi) tra i richiedenti l’accesso a Quota 100. Al momento, dunque, non c’è quella maggioranza di lavoratori dipendenti del settore privato che ci si aspettava prima del varo di Quota 100.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA

In un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto del Corriere della Sera, Alberto Brambilla segnala che ci vorrà ancora qualche trimestre per capire se Quota 100 si può definire o meno un successo. “Tuttavia analizzando i dati di flusso delle domande, che non è detto si traducano in altrettante pensioni, possiamo già fare alcune considerazioni”, scrive il Presidente del Centro studi Itinerari previdenziali. Dal suo punto di vista, il costo totale di questa operazione di riforma delle pensioni, considerando le maggiori spese per gli assegni da erogare e i minori contributi che sia andranno a incassare, sarà intorno ai 30-33 miliardi di euro. Cifra che tiene conto anche della proroga di Opzione donna il blocco dell’aspettativa di vita per la pensione di anzianità.

Secondo Brambilla, inoltre, “considerando che il punto di massima espansione dell’occupazione si è verificato nel maggio-giugno 2018 con 23.345.000 occupati per poi ritracciare a fine 2018 a 23.269.000 (76.000 in meno) e, alla luce dei “flussi mensili” di nuove assunzioni e nuove dimissioni di personale che stanno mostrando un segno negativo, le aspettativa di un discreto rimpiazzo di neopensionati sono modeste. Tanto più che siamo in presenza di ciclo economico negativo”. Facile quindi che le imprese vogliano ridurre il personale piuttosto che aumentarlo. Per Brambilla con Quota 100 si scaricherà sullo Stato un costo che poteva essere sostenuto dal sistema produttivo che coi fondi di solidarietà poteva finanziare dei prepensionamenti. Meglio sarebbe stato usare risorse per incentivare l’occupazione, per esempio con il super ammortamento.