RIFORMA PENSIONI, PIZZAROTTI CRITICA LEGA E M5S

La riforma pensioni comporta anche un taglio degli assegni più alti e un blocco parziale delle indicizzazioni per quelle sopra i 1.200 euro al mese. Un provvedimento che è stato commentato anche dal Sindacato di Parma, Federico Pizzarotti: “Eccolo il conto salato del populismo di Lega e 5 Stelle. Salvini e Di Maio dovevano abolire la povertà, invece aboliscono la crescita”, sono le sue parole riportate da parmatoday.it. “In un anno di governo, come dicono loro, il vento è cambiato ma in peggio: tagli agli investimenti sulle periferie delle città; tagli alle pensioni medie; tagli ai Comuni; tagli al trasporto pubblico; probabile aumento dell’Iva; Italia in recessione economica”, continua  Pizzarotti, secondo cui i due partiti al Governo “daranno la colpa al Nuovo Ordine Mondiale, potete giurarci. Invece la verità è meno fantasy: non sanno quel che fanno, o peggio, fanno solo azioni elettorali, ipotecando il futuro degli Italiani non meglio di chi li ha preceduti. Serve un’Italia forte in un’Europa unita, non un’Italia debole in un’Europa divisa”.



QUOTA 100 E SBLOCCO ASSUNZIONI SANITÀ

Come noto la riforma pensioni con Quota 100 rischia di creare una situazione difficile nella sanità. Anche per questo motivo il Governo, nel decreto approvato ieri in Calabria, ha inserito una norma per sbloccare il tetto di spesa e le assunzioni delle Regioni in questo settore. Come spiega Adnkronos, “nel testo viene cancellato il vecchio tetto del 2009, che prevede un vincolo alla spesa del personale ancorato al budget del 2004, oltretutto ridotto dell’1,4%”. Da quest’anno, la spesa per il personale del Ssn “non può superare il valore della spesa sostenuta nell’anno 2018. Inoltre, tali valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5% cento dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente”. Dal 2021, l’incremento del 5% verrà “subordinato all’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale”. Nel decreto è prevista anche la possibilità per Regioni e Province autonome di aumentare la spesa entro precisi limiti e previo accordo con il ministero della Salute e il Mef.



RIFORMA PENSIONI, IL PROBLEMA DELLE LAVORATRICI EX-IPOST

Il Comitato Opzione donna social ha deciso di offrire il proprio supporto alle lavoratrici ex-ipost che non riescono ad avere delucidazioni chiare relativamente al “problema della mancata liquidazione e/o elaborazione delle richieste inviate per accedere alla misura dell’Opzione Donna”. Certo, come fa presente Orietta Armiliato nel post pubblicato sulla pagina Facebook del Cods, c’è da tenere presente che con “Prima Quota 100” l’Inps dà precedenza alla novità della riforma pensioni, tuttavia “abbiamo ragione di credere che concorrano altri negativi fattori, alla determinazione di questo blocco nella lavorazione delle richieste a firma lavoratrici ex i-post”. Ricordiamo che l’Istituto Postetelegrafonici è un ente previdenziale riservato ai lavoratori di Poste italiane e a società collegate, oltre che del personale dell’Asst confluito in Telecom Italia, che dal 2010 è stato accorpato all’Inps. Elide Alboni, del Comitato esodati licenziati e cessati, ha ricordato che analoghi problemi per i-post ci sono stati nel caso delle salvaguardie degli esodati.



FICO PARLA DELLA RIFORMA DELLE PENSIONI DELLA CAMERA

Con un post su Facebook, Roberto Fico ha fatto un punto sui lavori della Camera dei deputati nella settimana che ha preceduto la pausa legata alle feste pasquali, facendo anche riferimento alla riforma delle pensioni che Montecitorio ha varato per i suoi ex dipendenti. Il Presidente della Camera ieri ha quindi scritto: “Questa settimana è stata molto preziosa per il lavoro della Camera dei deputati. Dopo diverse riunioni dell’Ufficio di Presidenza procediamo nel percorso che renderà questa istituzione sempre più efficiente, moderna e trasparente. Nel giro di pochi giorni abbiamo approvato i tagli alle pensioni sopra ai 100mila euro e il blocco di quelle anticipate per i dipendenti di Montecitorio. Quest’ultimo provvedimento lo abbiamo votato proprio stamattina. Fino alla fine del 2021 non sarà quindi possibile andare in pensione in anticipo, come accadeva in alcuni casi prima dei 60 anni. Una norma di buon senso”. Fico ha anche annunciato che nei prossimi mesi verranno pubblicati bandi di concorso per nuovi posti tra i dipendenti della Camera.

RIFORMA PENSIONI, CONTINUA LA POLEMICA PER PRIMA QUOTA 100

La polemica sembra scemata sui principali media, ma non lo è nei gruppi social. Dopo la riforma delle pensioni sembra che l’Inps abbia dato una “corsia preferenziale” alla lavorazione delle domande di accesso a Quota 100: a farne le spese sarebbero state quindi le altre richieste, con tempi più lunghi per la liquidazione. Persino Pasquale Tridico, Presidente Inps, è intervenuto per smentire l’esistenza di questa “corsia preferenziale”, ma sia Guglielmo Loy, Presidente del Civ Inps, che l’Usb che le inchieste di Repubblica, che alcuni parlamentari Pd sembrano invece confermarla. Soprattutto sono però i cittadini che hanno presentato domanda per la pensione, in forma diversa da Quota 100, a lamentarsi, soprattutto perché in via del tutto eccezionale ad aprile, e solo per la lavorazione delle domande per Quota 100, sono state previste tre date per la liquidazione delle pensioni. Queste persone vorrebbero non subire un trattamento diverso da chi ha legittimamente chiesto di andare in pensione con Quota 100. Il dubbio che questi abbiano la precedenza per ragioni politiche è forte e non lo mandano certo a dire al Governo e all’Inps stesso.

LA DELUSIONE PER LE PENSIONI DI CITTADINANZA

In questi giorni, insieme ai dati relativi alle domande presentate per Quota 100, sono arrivati anche quelli sul reddito di cittadinanza. Sembra che le richieste per questa misura siano molto più basse delle previsioni. Cosa che riguarda ovviamente anche le pensioni di cittadinanza, che, secondo Giuseppe di Girolamo, della segreteria Spi-Cgil del Veneto con delega alla previdenza, rappresentano “una misura che non aiuta i nostri anziani i quali avrebbero bisogno di ben altri provvedimenti. In ogni caso è importante sottolineare che per chi rientra nei requisiti non ci sarà un aumento a 780 euro delle pensioni minime. In realtà, l’importo dell’assegno resterà sempre lo stesso. I pochissimi beneficiari avranno un contributo che integrerà la propria pensione fino a portarla a 780 euro”. Secondo quanto riporta il sito di Rassegna sindacale, dal suo punto di vista  servono quindi “misure strutturali concrete che diano davvero respiro alle persone anziane e soprattutto i governi devono smetterla di usare i pensionati come il proprio bancomat come fatto ripetutamente con le rivalutazioni. Già questo sarebbe un segnale concreto capace di dare dignità e giustizia ai nostri pensionati”.

RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA ANP-CIA

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale riguardante il differimento del versamento della liquidazione per i dipendenti pubblici, con una norma che la riforma delle pensioni con Quota 100 ha parzialmente modificato, dato che ha consentito di poter avere un anticipo fino a 45.000 euro, Massimo Battaglia, Segretario generale del sindacato Unsa-Confsal, che aveva di fatto promosso insieme a una lavoratrice il ricorso, ha dichiarato: “In attesa del deposito della sentenza, dal comunicato stampa della Corte Costituzionale si evince che il caso specifico è stato rigettato, ma anche che la Corte poteva giudicare positivamente se fosse stato presentato il caso di un dipendente pubblico con pensione di anzianità. Non siamo certo contenti dell’esito ma siamo comunque orgogliosi di aver posto un problema costituzionale che riguarda tutto il mondo pubblico”. Il sindacalista ha anche annunciato che molto presto Unsa presenterà “un nuovo ricorso al giudice del lavoro di Roma”. Vedremo se il verdetto sarà ancora sfavorevole al sindacato.

RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA ANP-CIA

A Bologna si è tenuta l’Assemblea nazionale dell’Associazione nazionale pensionati aderente alla Confederazione italiana agricoltori, in cui si è parlato anche di riforma delle pensioni. Il Presidente Alessandro Del Carlo ha in particolare chiesto una revisione della pensione di cittadinanza, considerata “un provvedimento insufficiente e inadeguato”. Dal suo punto di vista occorre fare in modo che “gli aumenti relativi alle pensioni minime (attualmente 513 euro) possano ricomprendere la totale platea degli agricoltori (700.000 circa), che ne sarà quasi interamente esclusa a causa dei criteri anacronistici previsti: 30.000 euro di proprietà immobiliari e 6.000 euro di mobiliari”.

L’IDEA PER UNA VERA RIFORMA DELLE PENSIONI

Del Carlo ha aggiunto che inoltre “non si fa distinzione fra chi ha lavorato e versato i contributi e chi non lo ha fatto. Questa potrebbe essere un’ulteriore beffa dopo l’ultima riforma, che non ha incluso l’agricoltore tra i mestieri usuranti, impedendo l’accesso all’Ape Sociale e obbligando molti a lavorare la terra oltre i settant’anni, senza creare il ricambio generazionale necessario nelle campagne italiane”. Per l’Anp resta fondamentale portare le pensioni minime a 650 euro, cifra che dovrebbe anche rappresentare l’importo di una pensione base per quanti hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996. A questa pensione di base dovrebbe poi essere sommata la quota maturata con i contributi versati all’Inps negli anni di lavoro. La misura è già stata proposta in un emendamento al decretone per Quota 100 e ora, diventato poi ordine del giorno accolto dal Governo.