Luigi Di Maio protagonista di una lunga intervista a Di Martedì, con il leader del Movimento 5 Stelle che ha fatto il punto sulla manovra e sul reddito di cittadinanza. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico ha sottolineato di «rispondere a tono se qualcuno non mi vuole fare portare a casa quota 100 o il reddito, non è una battaglia contro l’Europa ma vogliamo portare a casa le promesse che abbiamo fatto. Dobbiamo farlo subito, non c’è più tempo: per il reddito di cittadinanza e quota 100 non possiamo più aspettare». Nessun passo indietro del vice premier, con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che ha promesso ai microfoni di Cartabianca: «Confermo che il reddito dovrebbe partire a marzo. Abbiamo fatto capire all’ Europa che siamo pronti a dialogare però deve esserci un punto chiaro: sul Reddito Di Cittadinanza e sulla quota 100 non si torna indietro». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



I CONTI NON TORNANO

Non ci sono dubbi che sul reddito di cittadinanza il MoVimento 5 Stelle abbia fondato di fatto la sua piattaforma politica. Ci troviamo dinanzi ad una proposta caratterizzante: ciò che la secessione era per la Lega Nord, quel che la Brexit è stata per lo Ukip nel Regno Unito. Eppure, conti alla mano, la misura bandiera del M5s rischia di ridimensionarsi sensibilmente. Come riportato da Il Corriere della Sera, della proposta di legge presentata nel 2013 dai grillini per una spesa complessiva di 17 miliardi di euro da redistribuire a 9 milioni di poveri, oggi sono rimasti 9 miliardi (di cui soltanto 8 destinati al reddito duro e puro: un miliardo è per i centri dell’impiego, ndr). Spiega Enrico Marro sul Corriere della Sera che i conti non tornano però neanche in questo caso, nel senso che non soddisfano la promessa di aiutare 5-6 milioni di poveri:”Se prendiamo gli 8 miliardi destinati complessivamente a reddito e pensioni di cittadinanza e li dividiamo per i 5 milioni di persone in condizioni di «povertà assoluta» secondo l’Istat, otteniamo una media di 1.600 euro all’anno, cioè 133 euro al mese per 12 mesi. Anche riducendo l’erogazione a 9 mesi, perché ora si ipotizza che i primi assegni verranno pagati ad aprile, si sale solo a 177 euro al mese. Prendendo più correttamente a riferimento le famiglie in povertà assoluta (1,8 milioni) perché il requisito per ottenere il sussidio sarà l’Isee, cioè l’indicatore della ricchezza familiare, si ottiene che ad ogni famiglia dovrebbero andare in media 4.444 euro all’anno, cioè 370 euro al mese su 12 mesi o 493 euro su 9 mesi”. Dovrebbero, appunto. (agg. di Dario D’Angelo)



REDDITO DI CITTADINANZA, SIRI: “NON E’ UNO STRUMENTO ASSISTENZIALE”

Si continua a discutere sul reddito di cittadinanza, con il decreto in arrivo a stretto giro di posta mentre restano i dubbi sui tempi di attuazione. Armando Siri, esponente della Lega, ha spiegato ai microfoni di Affari Italiani: «Il Reddito di Cittadinanza nelle corde di Di Maio e del M5S non è uno strumento assistenziale, ma una misura per sostenere il reinserimento nel mondo del lavoro. Bisogna riconoscerglielo. In questa fase la collaborazione delle imprese è fondamentale. Se il denaro in dotazione anziché giungere al beneficiario dormiente, arriva come emolumento di un’esperienza professionale in azienda, si realizzano tre importanti obiettivi». Sottolinea Siri: «Si minimizzano gli abusi; Si dà dignità alla persona che ha diritto al sostegno, mettendola sulla giusta carreggiata per tornare in attività; Si costruisce un percorso concreto che può indurre la stessa azienda che lo ha formato a mantenere il posto di lavoro. Nessuno, né al Nord né al Sud, chiede assistenzialismo, ma lavoro. Sono convinto che questa possa essere una valida direzione». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



“TESSERE IN STAMPA”: INTERROGAZIONE PD

«Abbiamo già mandato a stampare i primi 5-6 milioni di tessere elettroniche, queste tessere saranno carte di credito come tutte le altre»: così Luigi Di Maio qualche giorno fa a Piazza Pulita, ora il Partito Democratico indaga. Il dem Luciano Nobili ha annunciato su Twitter di aver depositato un’interrogazione parlamentare: «Caro Di Maio, Mentre ti arrampichi sugli specchi per le balle sull’azienda di famiglia, devi rispondere di quelle sul reddito di cittadinanza. Devi dirci chi sta stampando i 6 milioni di card e a che titolo. Ho depositato interrogazione e accesso gli atti. Stavolta ti inchiodiamo». Queste le parole di Luigi Marattin: «Come promesso, ecco l’accesso agli atti per capire se davvero Di Maio sta stampando le tessere per qualcosa (il reddito di cittadinanza) per cui non esiste una sola riga di atto ufficiale non dico approvato ma addirittura presentato dal governo, che spiega cos’è e come funziona». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

REDDITO A GIUGNO 2019?

Reddito di cittadinanza: decreto subito ma arriverà a metà del 2019, questo il progetto del Governo gialloverde. Come sottolineato da La Stampa, reddito e pensioni di cittadinanza verranno varati con un decreto prima di Natale e non sarà limitata la platea dei beneficiari, ma non dovrebbe arrivare prima di giugno 2019. Nonostante la recente affermazione della viceministro Laura Castelli, il provvedimento bandiera del Movimento 5 Stelle difficilmente entrerà in azione prima delle elezioni europee 2019, con l’esecutivo che teme di trovarsi in recessione in piena campagna elettorale. La discussione con la Commissione Ue sulla manovra prosegue, con il rilancio con l’Europa che si gioca sugli investimenti: o riallocando «le somme recuperate» dopo una verifica delle «relazioni tecniche sulle proposte di riforma che hanno più rilevante impatto sociale, al fine di quantificare con precisione le spese effettive», oppure accrescendo la quota di denaro già sbloccato.

REDDITO DI CITTADINANZA, IL COMMENTO DELLO SVIMEZ

Intervistato da Lab Parlamento, Luca Bianchi dello Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), ha parlato del provvedimento gialloverde: «Non è un’idea sbagliata, ma certamente ha bisogno di alcuni correttivi per essere efficace. In linea generale, noi pensiamo che l’obiettivo primario da perseguire è quello di combattere, nel Mezzogiorno, ma anche nel resto del Paese, la povertà assoluta. Per fare questo, ci vuole certamente una quota monetaria come il reddito di cittadinanza, ma vicino a questa bisogna prevedere tutta una serie di altri servizi (scuole, libri di testo, trasporti, sanità) garantiti alle fasce più deboli del Paese. Nel nostro ultimo rapporto ne abbiamo ampiamente parlato rilevando le importanti carenze che si registrano al Sud sotto questo punto di vista. Per dirla in breve, noi della Svimez riteniamo che prioritariamente sia necessario assicurare anche al Sud il godimento dei “diritti di cittadinanza” che hanno i cittadini del Centro Nord». E sottolinea: «Secondo le nostre stime ci sarà un impatto dei consumi che farà crescere il Pil dello 0,3% nel Sud Italia e dello 0,2% nel Centro – Nord. L’effetto c’è dunque, ma molto ridotto rispetto alle risorse impiegate. Se lo stesso “sforzo economico” fosse stato destinato alla spesa per investimenti, il “moltiplicatore” avrebbe funzionato meglio».