Natale è già passato, ma ancora non sappiamo che cosa ne sarà del regalo promesso da Luigi Di Maio ai tanti milioni di italiani che hanno votato i 5 stelle per la promessa/proposta di realizzare, anche in Italia, il reddito di cittadinanza. Intanto si sa che cambierà il vertice dell’Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro: il precedente Presidente nominato dal Governo Renzi verrà, infatti, sostituito da “Mimmo” Domenico Parisi, direttore del National Strategic Planning and Analysis Research Center dell’Università del Mississippi. L’avvio del processo di nomina del nuovo presidente dell’Anpal è stato deciso dal Consiglio dei ministri prima delle feste. A Parisi spetterà, quindi, l’arduo compito di riorganizzare, in tempi record, i Centri per l’impiego, le amministrazioni pubbliche che dovranno, in prima linea, gestire il reddito di cittadinanza made in Italy.
Si partirà, sembra chiara la scelta, dal “modello Mississippi“ del quale il cervello “tornato a casa” Parisi è già stato il principale artefice attraverso l’implementazione di una riforma dei servizi per il lavoro che ha creato 50 mila nuovi posti di lavoro in otto anni in uno degli Stati più sofferenti per i dati sull’occupazione nel contesto statunitense. Digitalizzando tutto, insomma, collegando imprenditori e lavoratori in tempo reale si è riusciti a portare così la disoccupazione dal 6,5% al 4,9%. In Italia, nel modello immaginato ancora “in progress”, un ruolo decisivo lo dovrebbe avere il tutor “navigator” che orienterà il percettore del reddito verso la formazione e, speriamo, il lavoro.
Sembra, quindi, tutto perfetto o quasi come, peraltro, sempre accade quando si declinano questi tipi di programmi, ma le ombre non mancano. A ricollocare i disoccupati e futuri beneficiari del reddito di cittadinanza a 5 Stelle, ad esempio, dovrebbero essere i lavoratori precari di Anpal e della sua società in house Anpal Servizi, dove, a oggi, operano ben 654 precari sul totale di 1.103 lavoratori e ben pochi tra quelli “a tempo” possono legittimamente aspirare a una stabilizzazione.
Premesso che, probabilmente, non tutti i collaboratori potrebbero essere interessati a questa opportunità e che la situazione non è stata, certamente, creata dal nuovo Governo giallo-verde, ma ereditata dagli esecutivi di tutti i colori che non hanno mai affrontato in maniera organica il tema delle risorse da dedicare alle politiche, e ai servizi, per il lavoro. Il paradosso, tuttavia, permane ed è, oggi più che ieri, noto, e conosciuto, dall’opinione pubblica e rischia con l’inserimento dei nuovi “navigator” nel sistema di diventare ancora più rilevante se non contestualizzato in una riforma seria e organica delle politiche del lavoro.