BRAMBILLA E I RISCHI DI 300.000 PENSIONATI IN PIÙ

In un intervento pubblicato su L’Economia, l’inserto settimanale de Il Corriere della Sera, Alberto Brambilla non risparmia critiche al decreto relativo alla riforma delle pensioni con Quota 100 e al reddito di cittadinanza. Dal suo punto di vista, le norme in esso contenuto “fanno prevedere un aumento dei pensionati di oltre 300 mila unità, senza alcun elemento equitativo nel calcolo della pensione ed un aumento di 8 miliardi della spesa assistenziale anche per l’introduzione del reddito di cittadinanza, senza alcun miglioramento della macchina che oltre ad essere inefficiente si basa su parametri molto distanti dalla ‘prova dei mezzi’ adottata dai Paesi più sviluppati, legando il tutto all’Isee che secondo una indagine della Guardia di Finanza è falsa in 6 dichiarazioni su 10”. Secondo il Presidente di Itinerari previdenziali, tutto ciò “farà peggiorare i conti pensionistici Inps (300 mila in meno che versano e 300 mila in più che prendono) e il rapporto attivi/pensionati”. Una prospettiva che Brambilla definisce pericolosa.



QUOTA 100, PIÙ DI 39.000 DOMANDE

Le domande per poter accedere a Quota 100 hanno superato la soglia delle 39.000 unità, una cifra che mostra che la riforma delle pensioni sembra aver intercettato una richiesta effettivamente presente tra gli italiani. Richiesta che i sindacati non negano, ma che ritengano non sia stata accolta in pieno visto che non tutti possono arrivare ai 38 anni di contribuzione richiesta per l’accesso alla quiescenza. Le organizzazioni dei lavoratori sono comunque scese in piazza, scatenando anche la reazione del Movimento 5 Stelle e a quanto pare anche un’ondata di fake news. In un intervento sul sito di Rassegna sindacale, infatti, Esmeralda Rizzi, Responsabile social della Cgil nazionale, evidenzia che proprio nelle ore in cui i sindacati manifestavano, si è propagata la falsa notizia secondo cui Susanna Camusso avrebbe una pensione gonfiata, quando l’ex leader della Cgil non è nemmeno in pensione. Viene citata anche la deputata M5s Vittoria Baldino, secondo cui i lavoratori sono stati costretti a manifestare.



ANPI CONTRO PROPOSTA FDI-FI

Mentre al Senato si discute di riforma delle pensioni con Quota 100, alla Camera è stata presentata una proposta di legge per revocare le pensioni agli ex partigiani filo-titini, che incontra il favore di Elisabetta Gardini. L’europarlamentare di Forza Italia, secondo quanto riportato da agenpress.it, segnala che c’è “bisogno di una pace che poggi su giustizia e perdono, come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II. E non c’è dubbio che togliere le pensioni ai complici dei reati titini vada in questa direzione”. Di opinione diametralmente opposta è Carla Nespolo, che all’Adnkronos dice che “questa richiesta è di straordinaria meschinità, perché condotta contro persone che hanno più di 90 anni. Stiamo assistendo ad un volgare tentativo di rovesciamento della Storia, per far dimenticare l’operato annessionista e razzista del fascismo e di Mussolini, condotto assieme all’alleato nazista, con aggressione della Jugoslavia, che nulla aveva fatto contro l’Italia”. La Presidente dell’Anpi ricorda che “40.000 soldati italiani che, dopo l’8 settembre ’43, scelsero di combattere da partigiani a fianco della Resistenza Jugoslava e  20.000 morirono in questa guerra di Liberazione internazionale, riscattarono l’onore dell’Italia dalla vergogna del fascismo”.



ALLARME COLDIRETTI: “CENTINAIA DI POTENZIALI QUOTA 100”

Per la Coldiretti l’allarme, se così possiamo chiamarlo, è importante: ci son centinaia di agricoltori che, dalla Toscana fino alla Lombardia, ma in tutta Italia potrebbero rientrare nei richiedenti della Quota 100 e questo dovrà porre l’attenzione per il settore nei prossimi anni: sia per una corretta uscita dal lavoro dopo anni di fatiche e sacrifici e sia per il giusto ricambio che necessita in uno dei settori ancora importanti specie sul fronte export. Le prime rivelazioni di Epaca Coldiretti (patronato) in queste prime settimane di code agli sportelli della provincia di Lucca con tantissimi lavoratori, il 75% agricoltori, interessati a capire se, come e con quanto potrebbero andare in pensione con la cosiddetta Quota 100: lo riporta oggi la Gazzetta di Lucca che intervista il responsabile di Epaca Lucca, Antonio Furlanetto, il quale spiega « L’interesse per questa opportunità c’è, soprattutto per i dipendenti pubblici, ma per gli agricoltori la decisione è più difficile perché subentrano aspetti emotivi ed affettivi per cui messi di fronte alla possibilità della pensione ma anche di rinunciare alla propria azienda agricola, quindi chiuderla o cederla, preferiscono aspettare, rimandare e valutare con calma. La pensione in agricoltura non testimonia la fine di una carriera lavorativa: un agricoltore può arrivare a lavorare anche fino a 70-75 anni. Gli agricoltori sono dei veri e propri highlander». (agg. di Niccolò Magnani)

VERSO MODIFICA PER AIUTARE COMUNI

La riforma delle pensioni con Quota 100 potrebbe creare dei problemi ai Comuni, visto che diversi dipendenti potrebbero lasciare il lavoro. Questo proprio quando, in virtù dell’introduzione del reddito di cittadinanza, gli enti locali potrebbero doversi trovare con nuovi compiti da svolgere. L’Anci ha già fatto presente il problema e per questo il Governo starebbe pensando di correre ai ripari attraverso un emendamento al “decretone” in discussione alla commissione Lavoro del Senato. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, l’obiettivo è far sì che una parte delle assunzioni previste per l’anno prossimo possa essere anticipata, di modo che si possano evitare dei “buchi” nella consistenza del personale. Considerando che i primi dipendenti potrebbero lasciare il lavoro solamente dal 1° agosto, i tempi per non farsi cogliere impreparati ci sarebbero. L’importante è che ci sia la possibilità di procedere alle assunzioni senza avere dei contraccolpi negativi sui conti dei comuni stessi. Tuttavia il quotidiano di Confindustria ricorda che è già saltato il blocco delle assunzioni per gli enti locali che non rispettano il pareggio di bilancio.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Cesare Damiano resta convinto che se con la riforma delle pensioni “si concentra tutto su Quota 100 si privilegiano solo i lavoratori che hanno alle spalle lunghe e stabili carriere: 38 anni di contributi, infatti, non sono alla portata di tutti”. Resterebbero quindi discriminate “le donne, i giovani che svolgono lavori precari, le attività discontinue di stagionalità e di cantiere e i disoccupati”. Secondo l’ex ministro del Lavoro, quindi, “il primo emendamento da fare è correggere l’attuale norma dell’Ape sociale che consente ai disoccupati che abbiano 63 anni di poter accedere alla pensione con soli 30 anni di contributi. A condizione, però, che abbiano terminato l’utilizzo degli ammortizzatori sociali: questo vincolo va cancellato. Bisogna considerare che di circa 80.000 domande per l’Ape sociale, oltre il 75% riguarda persone disoccupate. Inoltre, rendere strutturale l’Ape aiuterebbe a risolvere il problema”. Secondo l’ex deputato del Pd occorre anche che “nella pioggia di emendamenti prevista per il ‘Decretone’, ci sia anche una norma per salvare gli esodati, circa 6.000, rimasti ancora intrappolati dalla legge Fornero”. In tal senso ha voluto ricordare che “nella scorsa legislatura i componenti Pd della Commissione Lavoro della Camera si sono battuti per conquistare otto salvaguardie per gli esodati, che hanno mandato in pensione oltre 150.000 lavoratori, anche con il contributo dei gruppi di opposizione. Mi auguro che la battaglia continui con la nona salvaguardia o con misure di equivalente efficacia che risolvano definitivamente il problema. Il ‘Decretone’ è l’occasione buona”.