Come noto, è stato raggiunto l’accordo per il rinnovo del contratto specifico di lavoro di Fca, Cnh Industrial e Ferrari. Lo hanno firmato Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri Fiat; ancora fuori dalle intese la Fiom. Il contratto, relativo al periodo 2019-2022, interessa 87.000 lavoratori e prevede un incremento medio delle retribuzioni contrattuali di 144,5 euro (+35,06 euro dal primo aprile prossimo, +35,76 dal primo febbraio 2020, +36,48 dal primo gennaio 2021 e 37,2 euro dal primo gennaio del 2022). È previsto anche il rafforzamento del bonus annuale legato agli obiettivi di produttività ed efficienza nell’ambito del Wcm. Oltre all’aspetto retributivo, novità significative in materia di welfare aziendale, partecipazione dei lavoratori e inquadramento professionale.
La firma del rinnovo è arrivata parallelamente all’annuncio dell’azienda che conferma il suo investimento in Italia di 5 miliardi di euro. Se ci si sofferma senza pregiudizi su questa operazione, non è difficile comprendere che non è scontata. L’intero rilancio di Fiat poi FCA è stato gestito da Sergio Marchionne aggredendo il mercato Usa (sapendo che grazie alla joint-venture Fiat-Chrysler questo avrebbe recepito i nuovi modelli a basso consumo), ma “attendendo” quello europeo; e senza grandi successi su quello asiatico.
Il mercato europeo era fermo, tant’è che fino all’ultima fase della gestione Marchionne non vi fu iniezione di nuovi modelli. Lucky Sergio, che è artefice di una delle più importanti operazioni industriali dell’economia globale e non ha mancato certo di audacia, gestì il posizionamento di FCA in Europa con molta cautela. Questo perché il mercato del Vecchio continente non faceva ben sperare.
Oggi le condizioni sono peggiori, sia negli Usa che in Europa; la paura di un secondo urto recessivo è forte. E, nonostante questo, il gruppo si appresta a un investimento importante. Certo, dirà qualcuno, Mike Manley ha monetizzato dalla vendita di Magneti Marelli. Vero, ma difficile pensare che a Manley piaccia bruciare denaro e non, magari, dividerlo tra gli azionisti, in un momento storico in cui ingenti quote di capitale si sono spostate dal profitto alla rendita finanziaria, favorendo speculazione a breve e a brevissimo termine.
Se consideriamo anche che il gruppo è rimasto orfano della sua guida in modo traumatico, capiamo ancora di più il coraggio di questa operazione. E la sua importanza per un Paese, il nostro, dove gli investimenti si sono ridotti al lumicino. L’industria dell’auto, anche in Italia, contribuisce in modo significativo alla tenuta dell’economia e dell’occupazione. Ecco perché anche il rinnovo contrattuale va salutato come una buona notizia. Significa che le Parti (quasi tutte) stanno marciando verso lo stesso obiettivo. In una fase come questa, è ciò che ci si aspetta da impresa e lavoro.
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