CRISI RUSSIA-VATICANO DOPO DICHIARAZIONI DI PAPA FRANCESCO: COSA SUCCEDE

Non si placa la crisi diplomatica tra Russia e Vaticano emersa con preponderanza negli ultimi tre giorni: se fino a 72 ore fa il Cremlino vedeva in Papa Francesco un possibile concreto mediatore di pace nella lunga guerra in corso con l’Ucraina, tutto sembra essere cambiato specie dopo che oggi il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov è arrivato a dire che alcune dichiarazioni di Papa Bergoglio «non sono cristiane». Proviamo a riavvolgere il nastro e capire cosa ha portato a questa difficile situazione diplomatica che si inserire nell’ancor più complesso rapporto tra Occidente e Russia per gli evidenti equilibri geopolitici “saltati” dopo l’invasione di Mosca in Ucraina. Dopo la nuova proposta di mediazione lanciata dal Papa lo scorso weekend, Mosca ha ribadito di essere disposta e di aver gradito il ruolo di equilibro manifestato dal Santo Padre finora: non sono invece piaciute alcune dichiarazioni fatte da Francesco nella lunga intervista registrata lo scorso 22 novembre ma emersa solo due giorni fa alla rivista dei gesuiti Usa “America Magazine”.



«Quando parlo dell’Ucraina, parlo di un popolo martoriato, ha qualcuno che lo martirizza. Ho molte informazioni sulle truppe che invadono… in genere i più crudeli sono forse quelli della Russia, che tuttavia non sono della tradizione russa, come i ceceni e i buriati e così via. Certamente chi invade è lo Stato russo. Questo è molto chiaro»: a queste parole Papa Francesco ha poi aggiunto di avere informazioni sulle «crudeltà che vengono commesse. È chiaro chi sto condannando. Non è necessario che metta nome e cognome». Il messaggio non era affatto stato gradito dal Ministero degli Esteri russo, con la portavoce di Lavrov Maria Zakharova che a caldo aveva sottolineato «Non si tratta neppure più di russofobia, ma di perversione della verità di non so neppure quale livello».



LAVROV: “PAPA FRANCESCO? SUE PAROLE NON CRISTIANE”

Nella giornata di ieri poi un misterioso attacco hacker ha reso inutilizzabili per diverse ore tutti i media online del Vaticano: stando a quanto raccolto finora pare che le intrusioni nella rete interna alla Santa Sede siano giunte da più Paesi contemporaneamente il che ha impedito di formulare un’accusa specifica contro chi possa essere il responsabile. Certamente il fatto che sia avvenuto l’indomani della forte irritazione della Russia per le parole di Papa Francesco fa certamente riflettere: se nel 2020 gli hacker contro il Vaticano provenivano dalla Cina, il sospetto che vi sia dietro il Cremlino o gruppi “latere” è comunque ipotizzabile. Si arriva poi alle parole usate oggi dal Ministro Lavrov in conferenza stampa proprio contro quanto pronunciato da Papa Francesco nell’intervista alla rivista americana.



«Papa Francesco chiede colloqui ma recentemente ha anche rilasciato dichiarazioni incomprensibili, non cristiane», sentenzia il titolare degli Esteri, «dichiarazione incomprensibile, per niente cristiana, individuando le due nazionalità della Federazione Russa in una categoria da cui ci si possono aspettare atrocità durante le ostilità». Lavrov si riferisce al tema dei ceceni sollevato dal Pontefice, aggiungendo «Le parole del Pontefice sulla brutalità di ceceni e buriati nella guerra in Ucraina non conferiscono autorità al Vaticano e sono dichiarazioni non cristiane […] Certo, questo non aiuta l’autorità della Santa Sede», in merito alla possibilità di una mediazione per dei colloqui di pace con l’Ucraina. In merito ai potenziali negoziati, Lavrov ha poi anche sottolineato come «La Russia non ha richiesto di dialogare con l’Ucraina per la fine di quella che il Cremlino definisce un’operazione militare speciale. Mosca è tuttavia pronta ad ascoltare Kiev. Quando siamo accusati di chiedere costantemente qualche tipo di trattativa per guadagnare tempo, per poter raccogliere forze aggiuntive per l’operazione militare speciale, beh questo è sia divertente sia spiacevole. Le persone mentono, non abbiamo mai ha chiesto un negoziato, ma abbiamo sempre detto che se qualcuno ha interesse a una soluzione negoziata, siamo pronti ad ascoltare».