Il centrodestra vince in Lombardia con Attilio Fontana e nel Lazio con Francesco Rocca, entrambi oltre il 50%, ma i votanti sono ai minimi storici. Nel Lazio è andato a votare il 37,19% degli aventi diritto, contro il 66,55% delle regionali 2018; in Lombardia il 41,67%, contro il 73,11% del 2018. Dove sono finiti gli elettori? Lo abbiamo chiesto ad Arnaldo Ferrari Nasi, sondaggista e analista politico.



Il centrodestra ha vinto, la disaffezione è a sinistra. Cos’è successo?

Non sapremo mai che cosa c’è “dentro” i numeri dell’astensione, il 63% del Lazio e il 58% della Lombardia. Ricordiamoci che non stiamo parlando di flussi elettorali, cioè di qualcuno che ha cambiato orientamento – serve un’indagine per saperlo –, ma di persone che non sono andate a votare.



Ma qualche congettura si può fare?

Si può fare un processo indiziario. Innanzitutto la storia è importante. Negli anni 50 l’affluenza si attestava mediamente intorno al 94%, un dato che ha resistito fino alla seconda metà degli anni 80: nel 1987 era l’89%. Poi la discesa e infine il crollo. Alle regionali dell’Emilia-Romagna nel 2014 votò il 37,71%. Questa dev’essere la base di ogni considerazione: abbiamo lasciato per strada più di un terzo degli elettori.

Gli elettori di centrodestra hanno votato più di quelli di centrosinistra?

Direi che il centrodestra ha vinto anche perché gli elettori di centrosinistra hanno sentito di meno il richiamo dei seggi.



È dirimente. La partecipazione elettorale è sempre stata una chiave del successo del centrosinistra nel voto amministrativo.

Vediamo le cose dal punto di vista degli elettori. Il centrosinistra è stato al governo 12 anni, dal 2011 al 2023. In realtà i veri vincitori nel 2013 e nel 2018 sono stati i 5 Stelle, ma nel 2013 ha governato la sinistra e il governo giallo-verde è stato una parentesi. Per la sinistra sono stati 12 anni in una bolla.

Quindi?

I dirigenti sono stati nella bolla, ma l’elettorato anche: il Pd era al governo, la politica moderata di sinistra è stata fatta, anche il sistema di clientele è stato mantenuto, le dinamiche non sono cambiate.

Dove sta il punto?

Nel 2022 si è votato e ha vinto il centrodestra. FdI primo partito e Meloni capo del governo. Ma chi è la Meloni? Una madre che va al G20 con la figlia, mantiene l’agenda Draghi sulle questioni più importanti, risulta moderata e si concentra su poche cose, popolari.

E allora?

Doveva arrivare il fascismo, questo è stato lo spettro agitato dai dirigenti della sinistra, ma se ci guardiamo intorno il fascismo non c’è. La vita sta andando avanti come prima. Questo ha mandato in pezzi ciò che restava del rapporto fiduciario tra elettorato e classe dirigente del centrosinistra. È una sorta di effetto-Berlino Est.

Cosa significa?

Gli elettori di sinistra scoprono che esiste “qualcos’altro” e che se “quelli” vanno al governo cambia poco. Cade il Muro, vedo cosa c’è al di là e scopro che i negozi sono pieni. All’Ovest non sono cattivi, non ce l’hanno con noi, stanno solo meglio. Dunque gli sono venute le gambe molli. E sono rimasti a casa.

Non ha influito anche la crisi del Pd?

Be’, sì. Più che crisi del Pd, direi una crisi totale della dirigenza Pd. Letta ha perso le elezioni a settembre e devono ancora fare un congresso. Com’è possibile? Andava fatto il giorno dopo.

Carlo Calenda è il primo sconfitto. Nel 2021 alle comunali di Roma Azione ha preso il 19,8%. Oggi in Lombardia è al 4%, nel Lazio al 5%. Come lo spiega? 

Secondo me in questo periodo si è “sinistrizzato” un po’ troppo. Parliamo tutti di Terzo polo, ma il Terzo polo ha due anime. Quando si è insediato il governo Meloni ho fatto un sondaggio riservato agli elettori del Terzo polo. Se il governo cade e si va a votare, e se lei dovesse fare una scelta di campo, con chi vorrebbe che si alleasse il Terzo polo?

Ebbene?

La quasi totalità dei rispondenti di Italia viva voleva andare con il centrodestra, la grande maggioranza di Azione col centrosinistra. Negli ultimi mesi secondo me è emerso proprio questo slittamento a sinistra, nella misura in cui Calenda ha criticato molto il governo.

La Moratti?

Non pensavo che prendesse così poco.

Lei come spiega il successo della Lega?

Nell’ultimo periodo Salvini ha azzeccato temi e metodo: penso all’invito alla moderazione sulla giustizia, all’autonomia.

Un tema molto divisivo.

A differenza della cosiddetta “Lega Nord”, la vecchia Lega residuale che ha ancora “l’indipendenza della Padania” nell’articolo 1 dello statuto, la Lega di Salvini nello statuto ha il federalismo. È passato il messaggio che l’autonomia differenziata, nella sostanza, è un’autonomia economica moderata. E questo evidentemente ha tranquillizzato i più.

Ci sono altri elementi che hanno spiazzato l’elettorato di centrosinistra?

Sì, credo che si tratti di un altro effetto stile Muro di Berlino. Quegli elettori si sono accorti di essere stati governati per 12 anni con l’ansia del sovranismo e della destra montante, in più questa lunga parentesi è culminata in un crescendo finale traumatico, quello dell’emergenza Covid, affrontato con anche una dose di terrorismo. Il cambio di governo ha fatto vedere che il terrorismo non aveva motivo, e che quei problemi si potevano affrontare politicamente, con una connotazione di centrodestra piuttosto che non di centrosinistra.

(Federico Ferraù)

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