Quello dell’inquinamento sta diventando un problema sempre più pregnante per la salute dell’uomo, così come dimostrato da numerosi studi nonché da diversi interventi di studiosi. Per ultimo quello di Andrea Lenzi, ordinario di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma, che è stato intervistato in vista del corso di aggiornamento dal titolo ‘Città che cambiano il mondo: prendersi cura di spazi e persone’ organizzato dall’Ordine dei medici di Roma che si terrà domani, giovedì 18 aprile, alle ore 20:45 in Roma. Sono parole significative e forte quelle del prof Lenzi, che spiega: “Da circa 50 anni le nostre città da salutogeniche sono diventate patogeniche, luoghi non adatti per lo più per bambini e anziani. Le città sono infatti tra i peggiori induttori di malattie che siamo riusciti a creare per inquinamento ambientale, acustico e luminoso, per scarsa aggregazione sociale e mancanza di rapporto psicologico”, parole riportate da Meteoweb.it.



Lenzi sottolinea come esistano diversi studi sperimentali condotti sugli animali e sui topolini, che già dimostrano l’enorme differenza fra chi vice in città e chi invece fuori dalle grandi metropoli: “La medicina basata sulle evidenze nell’uomo è molto più complessa – sottolinea l’endocrinologo – per esempio sappiamo che l’inquinamento fa male ma è difficile dimostrarlo”.



CITTA’ NON SONO PIU’ ADATTE A BIMBI E ANZIANI, LENZI: “DA SOLA LA MEDICINA NON BASTA”

Lenzi ha continuato: “Ci sono però alcuni studi sull’incidenza per esempio del diabete a Roma, oggi molto più diffuso in zone periferiche come Tor Bella Monaca (con una prevalenza del 7%) rispetto a zone più centrali come i Parioli (con una prevalenza poco sopra il 5%)“.

Secondo Lenzi non basta la medicina per migliorare le condizioni chi di vive in città: “Per quanto noi oggi abbiamo a disposizione ottime terapie e biotecnologie diagnostiche ingegneristiche all’avanguardia non è prendendo una pillola che passa il ‘mal di città’”. L’esperto sottolinea come serva un’alleanza multidisciplinare: “ingegneri, architetti, urbanisti, amministratori locali, sociologi, psicologi ed epidemiologi, tutti insieme, devono lavorare per riportare la città ad essere un bene comune e non un terribile induttore di patologie“.