Milena Santerini, docente di Pedagogia generale dell’Università Cattolica di Milano, sulle pagine de Il Giornale parla della storia tragica che ha portato al suicidio della signora Giovanna, ristoratrice che aveva risposto alla becera recensione della sua pizzeria, lasciata da un utente che lamentava di essere stato messo vicino ad una coppia gay e ad un disabile. La donna, secondo una prima ipotesi degli inquirenti, non avrebbe retto di fronte alle illazioni di chi la accusava di aver inventato quella recensione per farsi pubblicità e si sarebbe tolta la vita. Secondo Santerini “abbiamo zelanti persecutori che portano avanti delle crociate sul web per dei casi limite. Ma questi signori devono considerare che possono colpire delle persone normali, che sono le più vulnerabili, e far loro molto male. Quindi lasciamo perdere le crociate”.
Nel caso di Giovanna è bene non fare congetture ma se il suicidio fosse accertato “siamo di fronte a una voce collettiva violenta, un’ondata di odio veramente pericolosa”. Secondo la pedagoga, “Giovanna aveva toccato un tema sensibile: omosessualità e disabilità, due temi che scatenano le reazioni di tutti coloro che sono ostili alle fragilità in cui inserirei anche gli anziani. Sono fasce sociali che infastidiscono e turbano coloro che hanno in testa un certo tipo di normalità che non contempla fragili e diversi”. Il web ha fatto da cassa da risonanza: “Il mezzo del web non è ininfluente, le piattaforme favoriscono questi fenomeni distruttivi” spiega ancora.
Santerini: “Basta con le crociate di certi influencer”
Il caso della ristoratrice suicida fa riflettere. Milena Santerini, docente di Pedagogia generale dell’Università Cattolica di Milano, parla a Il Giornale di cosa porti sul web al dilagare di insulti e cattiverie: “Dilaga soprattutto l’indignazione e la rabbia. E questo perché c’è anonimato che fa da schermo, perché non vedi la vittima. Inoltre c’è l’aspetto della rapidità: in un momento di emotività scrivi e poi magari ti penti, ma il danno è fatto”. Nella vita reale, secondo l’esperta, “si fa molta più fatica a insultare una persona, non si ha il coraggio e se si prova un certo fastidio per la debolezza non ci si esprime chiaramente”. Tutto ciò può portare anche a gesti estremi: “Nasconde uno sconforto rispetto al futuro. Si pensa ‘Ormai la mia reputazione è rovinata’. Oppure nasconde la vergogna”.
Secondo la pedagoga bisogna “avere la forza di persi aiutare e prendere le distanze da questi attacchi non soccombendo o facendosi sottomettere”. Gli odiatori, invece, vanno educati: “Bisogna insegnare autocrollo, competenze emotive, riconoscere la propria rabbia e gestirla, imparare ad aere empatia da chi è diverso da se stesso”. Inoltre sul web “bisognerebbe evitare le crociate di certi influencer che possono avere conseguenze imprendibili sulle persone coinvolte. E bisogna spingere le piattaforme a rimuovere i post d’odio”.