Le cronache di Narnia – Il viaggio del veliero è un film uscito nel lontano 2010, eppure ancora attuale. Ultimo della trilogia cinematografica, sebbene “Le cronache di Narnia” di C.S. Lewis siano composte da sette libri, offre una storia da cui si possono cogliere numerosi spunti. In primo luogo Edmund e Lucy, i due fratelli protagonisti di quest’avventura, vengono richiamati a Narnia insieme a loro cugino Eustace per aiutare Caspian, re di Narnia, a compiere la sua ricerca di sette nobili esiliati e scomparsi. Quest’avventura per i mari inesplorati delle terre di Narnia si tramuterà nella lotta contro il male assoluto (“l’isola delle tenebre”), che si rivelerà notevolmente insidiosa.
In particolare tutti i protagonisti saranno sedotti dalle tentazioni più varie, e questo è forse uno degli spunti più belli da cogliere. Quando l’avventura evolve da semplice ricerca a lotta contro il male ignoto, tutti sono messi in guardia: «L’isola delle tenebre cerca di corrompere tutti i giusti […] state tutti per essere indotti in tentazione. Se volete sconfiggere le tenebre, dovete sconfiggere le tenebre dentro di voi».
Non c’è dunque un’apparente soluzione già pronta per sconfiggere le tentazioni, al contrario sembra che l’unico rimedio possa riassumersi nelle parole del Siracide: «Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui» (Sir, 37,13). Il problema, infatti, non è non riconoscere la tentazione, quanto non caderci. E, come accade con Lucy, il cuore, anche nel momento in cui cede alla tentazione, si accorge della caducità di questa, che non mantiene le promesse di cui si ammanta, ed è solo grazie alla presenza di Aslan, il leone Signore di Narnia, che è possibile andare oltre alla tentazione stessa.
Lucy, caduta nel tranello del male, si accorge del suo errore perché guardata con amorevole sguardo da Colui che lei stessa desidera incontrare di nuovo e ritorna in se stessa, perché «il nostro cuore si quieta quando veniamo abbracciati da un amore più grande di quello che meritiamo» (D. Rondoni). Non è un rimprovero che fa sì che si renda conto del suo errore, quanto piuttosto l’accorgersi di essere venuta meno a un affetto (cfr. A. Scola, “Ho scommesso sulla libertà”).
Per ognuno dei protagonisti, si diceva, c’è una tentazione da affrontare: il cugino Eustace è vinto da una di queste, ma non a causa di ciò viene estromesso dalla lotta contro il male, anzi diverrà parte essenziale del viaggio, proprio a partire dalla sua caduta. Non è grazie alla tentazione che Eustace matura e diviene un personaggio positivo, quanto piuttosto grazie alla possibilità, che gli viene data, di non essere determinato dal suo errore («la fragilità dei tempi in cui viviamo è anche questa: credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva, ti inonda di un amore infinito, paziente, indulgente; ti rimette in carreggiata. Quando si sperimenta l’abbraccio di misericordia, quando ci si lascia abbracciare, quando ci si commuove: allora la vita può cambiare, perché cerchiamo di rispondere a questo dono immenso e imprevisto, che agli occhi umani può apparire perfino “ingiusto” per quanto è sovrabbondante», Papa Francesco).
Un ulteriore spunto riguarda l’evoluzione di Ripicì, il topo spadaccino che appare nel precedente film come un personaggio sì simpatico ma pieno di sé, quasi come se fosse l’immagine distorta di una cavalleria medievale fine a se stessa. In questo film invece Ripicì è tutt’altro personaggio: oltre a divenire amico e maestro di Eustace (e tale amicizia sarà fondamentale per la conversione accennata sopra), egli non teme più di perdere la sua preziosa coda perché «essa è l’onore di un topo», piuttosto la custodisce come un bene prezioso e non se la lascia toccare perché è dono di Aslan, frutto non «dell’amore della tua dignità, ma dell’amore dei tuoi uomini».
Il viaggio del veliero, un grande viaggio fatto per sconfiggere il male, e che quindi necessita della ricerca di Aslan, infatti è proprio questa ricerca che permette la vittoria sulle tenebre, si conclude con la risposta alla ricerca di Ripicì, che trova infine tutto ciò che ha cercato a Oriente «di là del mare». È una conclusione che svela i motivi delle gesta a cui sono chiamati i protagonisti, che, come svela Aslan, non sono stati convocati a Narnia per salvarla, quanto piuttosto per conoscerlo: «Nel vostro mondo ho un altro nome. Dovrete imparare a conoscermi con quello. È questa la ragione che vi ha portati a Narnia, perché avendomi conosciuto un po’ qui, riusciate a conoscermi un po’ meglio anche lì».
In fondo, tutto il viaggio di Narnia narrato da C.S. Lewis non è altro che il racconto di chi, nella vita di ognuno, prende l’iniziativa, mendicante del cuore dell’uomo (cfr. L. Giussani)
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