Parigi, 1792. La Rivoluzione francese bussa alle porte del Re. Luigi XVI e Maria Antonietta sono privati dei propri poteri e rinchiusi nella Torre del Tempio, un antico monastero dei cavalieri Templari, adibito a carcere. Protetti dalla folle incattivita dalla miseria, attendono il verdetto del processo contro di loro, senza più lo status regale. Spoiler: verranno barbaramente decapitati con la ghigliottina in Place de la Concorde.



Le Déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta non è la storia del regno di Francia, né della Rivoluzione francese. Non è la storia della frivola Maria Antonietta, né della sua Corte. Non è la storia della violenza e della decapitazione degli ultimi sovrani dell’Ancien régime. È la storia di mezzo. Quella di Luigi XVI, di Maria Antonietta, del fedele valletto del re e della famiglia reale, spettatrice del lungo e doloroso ineluttabile destino di morte dei monarchi. La Storia, quella dei libri di scuola, scorre fuori dai palazzi, accompagnata dalla musica lontana delle armi che mettono a ferro e fuoco Parigi. Una storia solo accennata che non si distrae dalla centrale vicenda emotiva del Re e della Regina, finiti nella polvere dopo essere stati a lungo i prescelti da dio.



Sotto al diluvio rivoluzionario del popolo, i coniugi di corte si ritrovano improvvisamente decaduti al rango di umani, seppure ingessati nelle maschere imbiancate del potere e dei vestiti di pizzo, sbiaditi, rinchiusi ed elegantemente umiliati da un giorno all’altro. “Da oggi non siete più re”. Potere al popolo. Per chi ha conosciuto lo sfarzo, il privilegio e la ricchezza, la buia prigione ricavata nella Tour du Temple, priva di eleganti tappezzerie e di costosi suppellettili, deve essere sembrata una sorta di tortura barbara e insostenibile, da sopportare per mesi, in attesa della ghigliottina. Sono stati tolti loro, in un attimo, gli onori, i privilegi, il rispetto. Via i letti a baldacchino. Via la servitù. Via la testa della fedele dama di corte, via la compagnia della famiglia, via la luce brillante del palazzo, via la speranza che tutto potesse avere un lieto fine.



In questo limbo disperato i due reali hanno imparato a essere uomini, confrontandosi con le proprie ataviche paure che alzano la voce nei dintorni della morte. Che tutti rende cenere, da cospargere nel ricordo o nell’oblio. Memento mori, che se sei ricco e potente. E non dite che non ve l’avevo detto…

Gianluca Jodice, talentoso regista napoletano, con il secondo lungometraggio Le Déluge ci racconta la parabola regale con grande gusto estetico, pittorico e sensibilità, spiando ogni minuto privato del breve viaggio dal cielo alla terra di sotto dei protagonisti depredati della parrucca. Ci racconta il re, debole, bonario e incredulo, fino alla fine. E la regina, sprezzante, cinica e poi disperata, prima della fine. Un racconto umano, intimo, rispettoso, ben lontano dalla fiction all’italiana.

Ad accompagnarlo un regale cast tutto francese e una preziosa colonna sonora, firmata da Fabio Massimo Capogrosso (sua la musica anche dei recenti Esterno Notte e Rapito), capace di alternare sapientemente il classico all’elettronica d’inquietudine, che trasforma la storia in un incubo, in attesa che il diluvio si porti via ogni brutto ricordo.

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