Caro direttore, immagino e auspico che domandare sia ancora lecito, e così ragionare. E le domande urgono. Ogni giorno assistiamo attoniti e desolati al bollettino della Protezione civile, ogni giorno conosciamo o riconosciamo un esimio della medicina che affianca il suo capo, e ogni giorno è una litania angosciosa di numeri che mostrano una sola cosa: non se ne esce, nonostante le continue reiterate rassicurazioni. Che ormai sono uguali a se stesse da troppi troppi giorni.
Le misure di contenimento stanno dando i frutti sperati… non è così. Siamo sul picco, no sul plateau, da questo plateau scenderemo probabilmente presto… non scendiamo. E confrontiamo i dati italiani con quelli altrettanto drammatici degli altri paesi toccati dall’epidemia: sconsiderati paesi e i loro governi, tardivi nelle misure necessarie, che ben più tardi di noi sono stati toccati e hanno reagito al male, ma che, pur arrivando a cifre dolorosamente alte, in poco tempo hanno iniziato a scendere, quando noi continuiamo a stare in vetta, o almeno in altopiano. Perché? E’ lecito chiederselo, anziché chinare il capo rassegnati alla sequela di “stiamo approfondendo”, “stiamo preparando”, “è allo studio”?
Da due mesi dovrebbe tutto essere allo studio, come da due mesi ci dovrebbe essere una task force per gli approvvigionamenti di materiale sanitario e per l’uscita dal tunnel. Da due mesi. E possiamo ancora, sinceramente, sentirci dire che il presidente del Consiglio lavora giorno e notte (che diamine dovrebbe fare?), che il Comitato tecnico-scientifico sta studiando, che la task force sta prendendo in esame, dove i temi da esaminare sono l’assistenza domiciliare ai disabili, ai malati cronici, agli ammalati stessi di Covid-19 in isolamento domestico, che sono tutti, e da due mesi, abbandonati?
Al di là della piaggeria dovuta (ma potremmo farne a meno, se lo scopo è informare in tempi rapidi e con dati certi) nel ringraziare ogni giorno qualche sconosciuto o più noto, nel rimarcare quasi ostentatamente che tutte le decisioni sono sottoposte al vaglio del governo (comitati e task force comunque commissariati e soggetti a) smarcandosi da ogni parere, da ogni previsione, perfino scientifica, per dare la tabella di contagi, morti e guariti bastano e avanzano i tg, che svolgono puntualmente il loro compito di informare senza liturgie. E allora, a che servono queste interminabili conferenze stampa, se alle domande che contano non risponde nessuno? Perché in Spagna, pur devastati, si stanno muovendo più e meglio di noi? Perché in Gran Bretagna, con un premier appena uscito dal baratro, i famosi picchi stanno scendendo e la gente può passeggiare nei parchi? Perché tutte le ristrettezze finora osservate (osservate, sì, a parte qualche eccezione, osservate) non portano a far calare l’oscillante numero di vittime sotto le trecento quotidiane, come avviene altrove?
Il virus vive male al caldo. In Germania fa più freddo di qui. Come mai in Italia siamo i peggio messi, e dobbiamo ogni giorno sentirci dire che siamo un modello per il mondo? Spero un modello negativo. Perché tutti questi comitati che studiano, discutono, dialogano, non hanno ancora permesso di far arrivare a tutti i cittadini le mascherine, che noi ci paghiamo a caro prezzo, e in Spagna vengono distribuite gratuitamente alle fermate degli autobus? Parlo della Spagna perché sono latini come noi, disobbedienti di carattere più di noi, peggio messi di noi quanto a copertura sanitaria e d’eccellenza, eppure in meno tempo si sono attrezzati meglio e più rapidamente di noi.
Da chi dipendono lentezze ed errori? Si può parlarne, o ad ogni bollettino le domande scomode vengono eluse e si accettano solo quelle banali, adulatorie o inutili?