La doccia fredda della crisi ci costringe a dover fare i conti con una prospettiva che appare sempre più complessa. Non si può più contare sul debito (pubblico o privato) come spinta alla crescita. Ma nello stesso tempo cresce la necessità di doverose politiche di sostenibilità ambientale. E la globalizzazione mostra tutti i suoi effetti con una Cina che è diventata il protagonista a livello industriale e finanziario, ma con gli Stati Uniti che confermano la loro leadership tecnologica.

Ecco allora il cambiamento che una società come quella europea, e italiana in particolare, deve affrontare trovando la capacità di “reinventare” i processi e i progetti che sono stati i punti di forza del passato e che possono tornare a essere i punti di forza del futuro: il lavoro e insieme la forza della creatività, la capacità di adattamento e la logica della cooperazione, la passione della professionalità e l’etica della partecipazione civile.

Come ha detto Sergio Marchionne al Meeting di Rimini rivolgendosi ai giovani, “non è importante la strada che sceglierete, è molto più importante l’approccio con cui deciderete di percorrerla”. In pratica, “saper stare un passo avanti agli altri uscendo dalle tradizionali dinamiche competitive e avendo la capacità di reinventarsi quando serve”: è questa la linea di fondo da cui è scaturito un nuovo vocabolo, “Surpetere”, che è diventato il titolo di un libro di Giorgio Merli, Elena Gelosa e Marco Fregonese in cui si parla della “competizione creativa efficace e sostenibile”.

Un libro in cui si analizzano le nuove forme del business con in primo piano un tipo di approccio fondato sulla conoscenza del presente e su di una visione del futuro capace di modificare continuamente i propri schemi interpretativi. Perché il futuro è insieme da interpretare e da costruire.

Perché si fa presto a dire “cambiamento”. Ma terribilmente difficile è trasformare questa parola in scelte concrete, in gesti reali, in comportamenti che sappiano tenere conto non solo e non tanto dei nuovi scenari che si sono realizzati dopo la crisi economica, ma soprattutto dei mutamenti che devono ancora avvenire, che nessuno può prevedere con certezza e che dobbiamo credere dipendano anche dalle nostre scelte.

Anche la crisi degli ultimi tre anni ha dimostrato fin troppo bene come il sistema economico si sia scoperto terribilmente fragile e soprattutto incapace di creare al proprio interno gli anticorpi necessari a evitare quello che è avvenuto. Soprattutto perché c’è stata una progressiva accelerazione dei fattori di squilibrio, ma nello stesso tempo si era creata una situazione in cui, più o meno, tutti ne avevano un momentaneo beneficio.

 

Pensiamo alla bolla immobiliare che tra il 2004 e il 2007 ha fatto raddoppiare i prezzi delle case negli Stati Uniti e che, attraverso la concessione dei mutui subprime, ha creato il detonatore che ha fatto esplodere la crisi. Ebbene, finché i prezzi delle case crescevano e le famiglie potevano agevolmente acquistarle prendendo i soldi a prestito erano contenti tutti. I banchieri, perché ampliavano il loro giro d’affari, i costruttori, perché aumentava il loro lavoro, le famiglie che possedevano già una casa che vedevano crescere il valore del loro patrimonio, le famiglie che non l’avevano, perché potevano acquistarla con facilità, i politici, perché la crescita economica porta consenso.

 

Eppure tutti, in particolare i banchieri e i politici, sapevano benissimo che questo meccanismo non poteva essere infinito, che non si può finanziare la crescita solo attraverso il debito, che i nodi degli squilibri prima o poi non potevano che venire al pettine. Per questo, guardando a un futuro che appare più difficile, il cammino che si apre deve avere nelle stesse dosi creatività e responsabilità.

 

Giorgio Merli, Elena Gelosa e Marco Fregonese, Surpetere, Guerini e associati, pagg. 230, euro 24,50