Lo scenario è oltremodo deludente. L’Italia non cresce da vent’anni e ha affrontato la crisi in condizioni molto più fragili degli altri paesi. L’Europa si muove senza trovare una strada condivisa, strada che sarebbe obbligatorio trovare soprattutto sui fronti dell’energia e della partecipazione democratica. Gli Stati Uniti sembrano aver superato le difficoltà, ma stanno accumulando problemi strutturali, soprattutto con l’aumento dei divari all’interno. La Cina continua a galoppare, ma invecchia più velocemente del previsto e i giovani scalpitano di fronte a una società politicamente chiusa.

Sono questi, in sintesi, i dati di fondo dell’ultimo rapporto (il 19°) sull’economia globale e l’Italia curato da Mario Deaglio e che ha come titolo “Un disperato bisogno di crescere” (Ed. Guerini e associati, pagg. 210, € 21). Un rapporto che mette in luce i grandi cambiamenti che stanno coinvolgendo il mondo e insieme le difficoltà che incontrano piccoli e grandi paesi a ritornare ai tassi di crescita dello scorso millennio. La tesi di fondo è quella secondo cui non si possono affrontare problemi nuovi con soluzioni vecchie.

Siamo infatti di fronte ad almeno quattro grandi cambiamenti: il primo è quello tecnologico, con la rivoluzione in atto sul fronte delle reti e degli strumenti di telecomunicazione; il secondo è quello sociale, con la crescita delle disuguaglianze e la compressione del ceto medio; il terzo è quello dei consumi, con una crescita dei prezzi alimentari e l’aumento degli sprechi; il quarto è quello geografico, con l’apertura di nuove vie di comunicazioni.

Ma questi cambiamenti sono tali da segnare anche un cambio di rotta sulla strada della globalizzazione. Si è passati da un clima collaborativo a una ricerca di soluzioni locali pur riconoscendo la necessità di un gioco globale. In più, la cooperazione finanziaria internazionale non esiste più e le enormi immissioni di liquidità non sembrano avere risultati positivi, come nel caso giapponese, ma aggiungono incertezze al sistema.

In questa situazione l’Italia è la dimostrazione di un’economia malata con una realtà stagnante da molto tempo, una forte caduta dei consumi delle famiglie, una riscoperta della sobrietà e del risparmio. Le uniche note positive, per fortuna, vengono dal commercio estero.

Quale può essere la via d’uscita? La strada non può che essere lunga, ma, secondo il rapporto, deve partire soprattutto dai giovani. È necessario dare più soldi ai giovani, dare loro maggiori garanzie, valorizzare di più le loro potenzialità per contrastare quel crescente esodo all’estero che è la dimostrazione più drammatica di un’incapacità di credere nello sviluppo oltre che una perdita netta di ricchezza.

In fondo al rapporto non manca tuttavia una nota, anzi tre, di speranza. “Un vecchio proverbio inglese – ricorda Giuseppe Russo – dice che anche la nuvola più nera ha un bordo d’argento”. Questi bordi d’argento per l’economia italiana sono i miglioramenti nella qualità dei prodotti con le industrie italiane che si dimostrano silenziosamente come le più innovatrici d’Europa. Poi si ricorda che sta crescendo il mercato dei finanziamenti per le piccole e soprattutto medie imprese, che le banche italiane hanno risposto molto bene agli stress test della Banca centrale europea, che il risparmio delle famiglie è tornato ad aumentare.

Le nuvole restano. Le soluzioni appaiono complesse. Ma di fronte a questa realtà di grandi cambiamenti lascia sconcertati il fatto che abbiano ancora spazio quelli che continuano a percorrere le vecchie strade, quelle dei privilegi, quelle degli scioperi, quelle gattopardesche del cambiare tutto per lasciare tutto come prima.