Che sia il principale problema della società italiana lo sentiamo ripetere a ogni occasione. La mancanza di lavoro per i giovani costituisce di volta in volta un grido di allarme, un atto di accusa politico, un giudizio tanto rituale quanto vuoto di contenuti. In effetti, se è drammaticamente facile sottolineare che la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli record e costituisce soprattutto al Sud un vero e proprio dramma sociale, è altrettanto difficile individuare possibili soluzioni al di là della retorica e dei luoghi comuni.

La disoccupazione giovanile, infatti, deriva da una serie di cause negative che non riguardano solo la crisi economica che da sette anni scuote le economie occidentali e in particolare quelle più deboli come quella italiana. I giovani sono vittime innocenti del calo demografico, che ha ridotto e cambiato i consumi, della globalizzazione, che ha spiazzato le produzioni italiane, dell’incapacità della classe politica, che non ha saputo adeguare la scuola ai cambiamenti economici e sociali, delle resistenze del sindacato, impegnato molto più a difendere i “garantiti” che non a facilitare nuove vie per il lavoro e infine di loro stessi, soprattutto per quanti attendono una soluzione dall’alto e non si mobilitano per trovare percorsi non convenzionali.

Quest’ultimo punto è altrettanto importante dei precedenti anche perché se è vero che un giovane su quattro non trova lavoro è altrettanto vero che tre giovani su quattro il lavoro lo trovano, magari non il massimo delle loro aspirazioni, ma comunque un contributo alla crescita personale e della società. E per di più in alcuni settori siamo di fronte a una carenza di domanda di fronte alle offerte di lavoro. 

Ecco allora l’importanza di guardare al problema della disoccupazione giovanile non solo dal lato, pur rilevante, dell’offerta, ma anche cercando soluzioni praticabili stando dalla parte dei giovani. È quanto cerca di fare, con un po’ di sana provocazione, il libro di Vito Gioia e Marco Aliquò: “È facile trovare un lavoro… se hai voglia di lavorare”. (Ed. Mind, pagg. 160, euro 16). Gli autori, il primo tra i più noti “cacciatori di teste”, il secondo esperto di social marketing, si pongono un obiettivo che loro stessi definiscono ambizioso: “risvegliare i giovani e il loro talento” in un contesto che almeno in parte giustifica il fatto che siano scoraggiati, demotivati e pessimisti.

Ecco tre strategie: la prima è una serie di istruzioni per l’uso innanzitutto per andare alla scoperta delle opportunità in quello che è spesso un labirinto di un mercato del lavoro dove la competenza e la professionalità non sono spesso elementi sufficienti. La seconda è fatta di consigli pratici: da come si scrive un curriculum a come ci si prepara a un colloquio di selezione. E infine ecco la terza strategia: una mappa delle possibilità per chi tenta l’avventura di crearsi un lavoro, fondando un embrione di impresa, magari sfruttando le enormi potenzialità della rivoluzione di internet. 

In fondo la logica popolare dice che se la montagna non va da Maometto dovrà essere Maometto ad andare sulla montagna. Se il mercato del lavoro non offre le opportunità che cerchiamo dovremo essere noi a trovare nuove strade e a seguirle con determinazione. “Ciascuno di noi – affermano Gioia ed Aliquò – possiede un’enormità di risorse, ma pare dimenticarselo, finendo per lamentarsi della propria cattiva sorte. È arrivato il momento di scoprire… che in fondo siamo dei piccoli campioni”.

È con questa logica che, a fianco dei necessari interventi per la crescita economica e per migliorare il mercato del lavoro, è sempre più importante aiutare i giovani ad aiutarsi da soli.