E se la realtà fosse diversa da come ce la raccontano? E se fosse migliore da come appare a prima vista, con quel misto di rancore e di solitudine che lascia spazio e all’insofferenza, all’aggressività e alla solitudine? Basta fare pochi passi in una ricerca sociologica fatta bene per scoprire una dimensione molto più positiva, e soprattutto partecipata. È quanto avviene sfogliando le pagine di “Profilo Italia, l’altro volto degli italiani”, un’analisi condotta da Daniele Marini grazie a una partnership tra La Stampa e Community Media Research per realizzare un’indagine che andasse oltre al quotidiano e che fotografasse la dimensione più vera del Paese. È stato così realizzato un libro, che può essere liberamente scaricato dal sito www.indaginelast.it, in cui al di là della quotidianità vengono messi in luce i caratteri, i valori, le potenzialità di una società in cui negli ultimi decenni vi è stata una progressiva e profonda rivoluzione culturale. 

Ci sono stanti esempi significativi: in primo piano il fatto che è aumentata la sfiducia verso le classi dirigenti organizzate, soprattutto verso i partiti, ma è cresciuta quella verso le organizzazioni che si basano sul volontariato, sul non profit, sulla partecipazione. “Gli italiani – scrive Daniele Marini – valutano positivamente soprattutto le leadership orizzontali: i responsabili delle associazioni con finalità sociali e del volontariato. Sempre in modo positivo, ma con minore intensità, troviamo i giudizi sugli esponenti del mondo della cultura e delle università. […] Tra i bocciati, incontriamo accomunati i politici, i sindacalisti e i banchieri. È una società che si riconosce nella prossimità al territorio, in chi opera fattivamente nelle molte reti di solidarietà. È più diffidente, invece, quando pensa alle classi dirigenti che appartengono alle forme istituzionalizzate della rappresentanza e della politica”.
La politica è, giustamente, messa sotto accusa. Per due elementi fondamentali: la mancanza di visione strategica e la fragilità sul fronte della dimensione etica, del senso morale. È una politica che sembra vivere alla giornata, secondo schemi che inglobano rapidamente anche le possibili novità. È una politica che sembra affidare tutto all’inconcludenza scenica dei dibattiti televisivi.

È per questo che cade, in misura preoccupante, la spinta alla partecipazione nelle forme tradizionali, come le elezioni, mentre cresce l’interesse verso le forme associative e del volontariato e in chi si impegna nella costruzione del capitale sociale e delle reti di solidarietà. “Le abbiamo viste spesso all’opera – scrive Daniele Marini – nelle situazioni più complicate: la Protezione civile e gli alpini durante i terremoti, i giovani dopo le alluvioni, le cooperative sociali nell’aiuto alle persone marginali, le Caritas con i poveri e gli immigrati, solo per citare pochi esempi”.

In realtà, quindi, l’Italia è ricca proprio di quello che viene chiamato “capitale sociale”, l’insieme delle relazioni, dei sostegni, delle interazioni che moltiplicano le capacità operative e la volontà di reazione soprattutto nei momenti di crisi. È anche per questo che la politica crea disaffezione: perché agli annunci non corrisponde la realtà e perché alla protesta non corrispondono i progetti. È anche per questo che la società reale è molto sensibile ai bisogni e alle necessità. In maniera silenziosa, ma, fortunatamente, molto efficace.