Il liberalismo, quello vero, è diventato come l’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Di liberalismo, magari aggiungendo l’aggettivo “selvaggio”, se ne parla invece spesso imputando a questo tutte le responsabilità della crisi che da tanti anni sconvolge le economie occidentali. E di pari passo avanza la teoria del complotto: quella secondo cui di volta in volta i “poteri forti”, le “forze occulte”, gli “interessi delle multinazionali”, i “gruppi segreti plutogiudaicomassonici” sarebbero responsabili di una politica che non riesce a rispondere alle reali esigenze dei cittadini.

Le risposte ideologiche, molte volte prefabbricate, così come gli approcci strumentali alla realtà, diventano sempre più spesso un metodo di confronto e di discussione che ottiene il solo risultato di abbassare progressivamente la reputazione della politica e di rendere sempre più esile la fiducia verso le istituzioni.

Tutto il cammino della campagna referendaria che ci ha accompagnato in questi ultimi mesi è stata così in gran parte centrata sulle affermazioni apodittiche, sulla proclamazione manichea dei contenuti delle riforme, sull’analisi degli effetti indiretti più che sulla valutazione della portata oggettiva delle norme in discussione.

In questo scenario appare allora interessante guardare a un metodo di analisi e di riflessione squisitamente “liberale”, quello che nasce con la scuola austriaca di economia, che si sviluppa con le riflessioni di Karl Popper e che ha avuto in Dario Antiseri un grande testimone che ha impegnato, e continua a impegnare il suo tempo e la sua passione, per far conoscere questa importante, ma spesso dimenticata, interpretazione delle scienze sociali.

Antiseri riassume tutto il suo percorso culturale e delinea le caratteristiche fondamentali del liberalismo contemporaneo in un lungo colloquio con Juan Pablo Marcos Blu, parte di un grande volume sulla scuola austriaca, colloquio che ora è pubblicato nel libro “Le ragioni della libertà nei protagonisti della Grande Vienna” (Ed. Rubbettino, pagg. 124, € 13).

Attraverso il pensiero di Karl Popper, di Ludwig von Mises, di Friedrich von Hayek, di Hans Kelsen, si mettono così a fuoco i punti fondamentali della metodologia delle scienze sociali, una disciplina insegnata a lungo da Antiseri alla Luiss di Roma, e si conduce il lettore in un percorso che mette a nudo pregiudizi, formalismi e luoghi comuni. Per esempio, si smonta la mentalità che vede in ogni problema una cospirazione: “Il liberale – afferma Antiseri – è avverso alla teoria cospiratoria della società, stando alla quale tutti gli eventi sociali negativi sarebbero frutto di cospirazioni o congiure ordite da nemici o comunque da individui malvagi: la realtà è che possono esistere cause senza colpe e riuscite senza merito”. E questo perché bisogna sempre tenere conto “delle inevitabili conseguenze inintenzionali di azioni umane intenzionali”. La società è fatta da individui ed è illusorio pensare di poter prevedere tutte le interazioni possibili e tutte le conseguenze delle scelte.

Punti altrettanto importanti sono nell’affermazione del liberale “che difende, contro lo Stato onnivoro, i corpi intermedi e le formazioni spontanee” e che sa coniugare mercato e solidarietà, mentre “lo statalismo fa l’uomo ladro”.

Questo viaggio nel liberalismo doc fa tornare in primo piano i grande pensatori del secolo scorso, personalità che peraltro in Italia hanno avuto vita difficile e sono stati emarginati dall’egemonia della cultura sinistreggiante. Ed è anche una riflessione decisiva per mettere in luce quanta strada ci sia ancora da fare in Italia per realizzare quella “società aperta” capace di valorizzare il merito di ognuno, di salvaguardare i diritti di tutti, di rispettare le diversità di opinioni, di giudizi, di scelte.