Mai come oggi la scienza, la tecnologia, l’innovazione impongono alle persone e alle società la necessità di scegliere. Spesso in modo banale, come quando usiamo il nostro tempo per scegliere le infinite potenzialità di uno smartphone, talvolta in modo drammatico come quando la politica deve decidere come destinare le risorse per la ricerca e per la cura delle malattie. Ma c’è un aspetto della rivoluzione digitale, cioè del prepotente ingresso dei nuovi strumenti tecnologici nella vita quotidiana, che viene spesso considerato in secondo piano. È l’aspetto che potremmo chiamare delle “regole del gioco”. Siamo infatti quasi naturalmente portati a pensare che i computer, gli smartphone e le altre diavolerie tecnologiche che sempre più frequentemente usiamo si limitino a cambiare il modo con cui facciamo le solite cose. Usiamo il pc per fare un pagamento bancario che anni fa avremmo fatto andando allo sportello. Facciamo una telefonata andando in macchina (ovviamente in viva voce) così come negli anni ’70 ci saremmo fermati a una cabina telefonica. Cerchiamo un indirizzo con un motore di ricerca così come una volta avremmo sfogliato fittissimi elenchi telefonici.
Certo, l’informatica associata alla telecomunicazioni ha reso enormemente più facili, rapide e spesso anche più sicure le operazioni più comuni. Ma ci si può fermare a questo punto? Ci si può limitare a fare con modi e strumenti nuovi le stesse cose di prima? Oppure dobbiamo iniziare a pensare che in questo mondo nuovo non cambiano solo le pedine, ma anche la scacchiera e le regole del gioco? È una prospettiva importante sia per le aziende, sia per i consumatori, sia per il sistema economico, sia per i rapporti umani e sociali. Sì, perché rischia di essere profondamente fuorviante considerare i progressi tecnologici solo sotto il profilo della tecnica senza mettere in primo piano la dimensione umana con tutte le sue caratteristiche.
È questo l’itinerario innovativo che si propone la raccolta di saggi nel libro “The uman side of digital; era digitale, capitale umano, nuovi paradigmi” (Ed. Guerininext, pagg. 224, euro 22). Il titolo del libro fa eco a un volume che, nel 1960, è stato una pietra miliare sulla necessità di valorizzare il capitale umano all’interno delle imprese: “The uman side of Enterprise” di Douglas McGregor, forse la prima breccia all’interno delle scuole di management americane improntate fino ad allora a dare la massima importanza alle strutture aziendali prima che alla dimensione umana. A quasi sessant’anni di distanza appare significativo lo stesso approccio che pone la persona in prima linea di fronte alla complessità della rivoluzione digitale.
Pur indirizzandosi in maniera particolare alle imprese e raccontando le esperienze di singole realtà aziendali, il libro si propone soprattutto di stimolare la curiosità e l’interesse verso un mondo in sempre più rapida evoluzione. Come scrive Luca Solari nell’introduzione, “la trasformazione digitale è una trasformazione epocale non solo delle imprese e del capitale umano, ma di tutta la società. Rappresenta un’occasione per infondere un nuovo dinamismo all’economia, generando professioni nuove e sistemi di produzione di valore ancora da scoprire”.
In questa prospettiva il mondo del lavoro si trova ad affrontare cambiamenti profondi con professioni che spariscono e altre che balzano in primo piano, con la necessità non solo di aggiornare le competenze, ma di passare dalla logica delle procedure a quella della flessibilità, dalla dimensione del “si è sempre fatto così” alla prospettiva di trovare soluzioni nuove a problemi nuovi.
È un confronto inedito quello che si è ormai aperto e che è inevitabile affrontare. Un confronto che richiede in primo luogo di considerare il cambiamento come un’opportunità e non come un pericolo, come un’occasione per creare valore e non semplicemente come la distruzione di vecchi e dispendiosi modelli.