Raccontare l’economia non è mai stato facile. E ancora più difficile è dimostrare come l’economia  sia una disciplina molto più vicina alle scienze umane che non alle leggi della fisica o della matematica. E così numeri e percentuali sono gli elementi che vanno più di moda nella narrazione (altro termine che se non lo si usa almeno una volta non si è sufficiente moderni). Eppure la persona, con le sue decisioni e le sue emozioni, non può che restare al centro di un’economia che si muove grazie alle scelte per quanto più possibili libere di ciascuno di noi. Dalle scelte più banali, come l’acquisto di un paio di scarpe, alle scelte più impegnative e profonde, come creare una famiglia e mettere al mondo dei figli. 

Con una tendenza già presente da tempo, ma che si accentuata e consolidata con la crisi economica di cui stiamo ancora subendo gli effetti, le parole dell’economia sembrano sempre più rispondere a un pensiero unico che si ammanta di tecnica e di razionalità per riuscire ad essere facilmente condiviso. È questa l’osservazione di fondo che apre l’ultimo libro di Luigino Bruni La foresta e l’albero, dieci parole per una economia umana (Ed. Vita e pensiero, pagg. 96, euro 10), un libro in cui sono raccolti in forma organica alcuni interventi pubblicati su “Avvenire”.

“Questo libro – afferma Bruni – è un doppio invito: a prendere coscienza dell’ideologia nascosta sotto alle poche e povere parole delle grandi organizzazioni di successo del nostro tempo; e affiancare e sostituire quelle parole con altre che sono assenti o espunte dal mondo delle imprese, le quali ne avrebbero invece un grande bisogno per tornare a essere brani di una umanità intera”.

In effetti, il problema non è tanto quello di trovare parole veramente nuove, quanto di riscoprire come le parole più significative dell’umanità possano essere il filo d’Arianna che può permettere di ridare valore e positività agli attuali rapporti economici. Parole come umiltà, generosità, compassione, misericordia, letizia, possono uscire dal castello incantato della mistica religiosa per contribuire in maniera sostanziale a una nuova definizione dei rapporti economici. Perché si tratta di restituire l’economia alla persona e di restituire la persona alla coerenza costruttiva dei rapporti umani.

In questo viaggio il nemico più forte è la grande tentazione del mondo contemporaneo di dare un prezzo (non un valore) a tutte le cose, di considerare tutto una merce che deve rispondere unicamente alle leggi della domanda e dell’offerta. Anche il lavoro deve così seguire le logiche del mercato, anche la risposta ai bisogni delle persone deve assecondare i vincoli del bilancio pubblico, anche le organizzazioni economiche devono rispondere solo ai requisiti di efficienza e profitto.

Il nodo di fondo tuttavia non è rinnegare il mercato, che resta uno strumento essenziale della dinamica economica, così come non è mettere da parte capacità e professionalità. Il nodo di fondo è ripartire dal valore integrale della persona, da quella tensione che Adam Smith mise in luce con chiarezza nella sua “Teoria dei sentimenti morali”: “Per quanto egoista possa essere considerato l’uomo, nella sua natura ci sono chiaramente alcuni principi che lo spingono a interessarsi delle sorti degli altri e che gli rendono la loro felicità necessaria, sebbene egli non tragga da essa nulla più del piacere di vederla”.