Dai dati del rapporto Caritas 2022 sulla povertà in Italia, che fanno riferimento allo scorso anno, si evince come l’incidenza della povertà assoluta, dopo aver toccato il suo massimo storico nel 2020, non ha segnalato alcuna inversione di tendenza, anzi potrebbe aumentare in seguito all’impatto della crisi energetica, dall’aumento delle bollette e ai rincari sui prodotti alimentari.



Un milione 960mila famiglie, pari a circa 5,6 milioni di persone, tra cui 1,4 milioni di minorenni, che sono la fascia di età in assoluto più esposta alla povertà: è quanto dicono i numeri semplici e freddi, ma che come ci ha detto in questa intervista don Virginio Colmegna, consigliere del Centro ambrosiano di solidarietà (Ceas) e Presidente della Casa della carità Angelo Abriani, “sono solo la fotografia dietro alla quale c’è un dramma sempre più esteso che tocca i più fragili, gli ultimi e ci dovrebbe spingere a muoverci verso di loro prima che si arrivi anche allo scatenarsi di conflitti sociali”.



I numeri del rapporto Caritas indicano una povertà che ormai si sta radicando nel tessuto sociale italiano. Dal suo osservatorio personale, ha notato qualche differenza, ad esempio un salto qualitativo nell’impoverimento a cui assistiamo?

Sono dati che chiunque può vedere nella realtà quotidiana. Sicuramente, rispetto anche a solo poco tempo fa, la povertà sta colpendo un pezzo di quella che era definita la classe media, che godeva di uno stile di vita dignitoso. Questi numeri però ci devono porre degli interrogativi.

Dalla povertà economica deriva anche una povertà di carattere educativo, culturale, di paura sociale e di sofferenza. In particolare sono colpiti i nuclei familiari. Si dice sempre “povero” al singolare in sociologia, ma quello a cui assistiamo è uno sprofondamento dei nuclei familiari nella sofferenza, mentre le solitudini già esistenti si radicalizzano sempre di più.



Si parla anche di povertà ereditaria, generazioni di persone e di famiglie che rimangono bloccate in questo stato.

Non esiste più alcun ascensore sociale, chi è povero resta povero e tramanda questa povertà ai figli e ai nipoti. In passato c’erano i nonni, che grazie ai loro risparmi riuscivano a coprire un po’ questa povertà, adesso i giovani sono sempre più inghiottiti in questo buco nero. E’ in corso un cambiamento culturale, ci sono stili di vita emergenti tra i giovani che acuiscono le differenze sociali. Anche la Chiesa deve interrogarsi su come agire e deve farlo in profondità.

Ci troviamo a che fare con due emergenze drammatiche: da un lato, le conseguenze della pandemia e, dall’altro, la crisi energetica con l’aumento del carovita dovuto alla guerra. Ci conferma che sono queste le priorità dei bisognosi che lei incontra ogni giorno?

C’è anche un crescente individualismo e sono aumentate le diseguaglianze sociali, perché i ricchi diventano sempre più ricchi. Vanno rimessi al centro i temi della solidarietà e della giustizia sociale, non l’assistenzialismo fine a se stesso, ma qualcosa che rimetta in discussione lo stato di questa società.

Nel presentare il rapporto il cardinal Zuppi ha sottolineato l’importanza del reddito di cittadinanza, anche se riformato e aggiustato rispetto a come è strutturato adesso. E’ d’accordo?

Certo, siamo l’unico paese europeo a non avere un vero reddito di cittadinanza. Davanti a questi numeri impressionanti non fermiamoci alle polemiche politiche: va riformato, ma non va cancellato. Deve essere innestato in un’ottica dove se c’è lavoro bisogna spingere le persone a lavorare. Aumenta sempre di più la fascia di persone fragili, gli anziani, con problemi di sofferenza psichica. Smettiamo di fare sterili polemiche politiche.

Come bisogna agire dunque? Su quali leve per contrastare questa situazione?

Bisogna stare a fianco dei poveri, tocca a noi cambiare la società. Non è solo un aiuto economico, ma un aiuto che permette di vivere la dimensione evangelica citata nel Discorso delle Beatitudini. Donarsi ai poveri è una esperienza di gratificazione personale.

Una forma di sostegno è sempre stata la donazione volontaria di generi alimentari: ritiene che con l’aumento del carrello della spesa in corso ci sarà meno gente disponibile a donare?

Dico sempre che per i poveri ci sono i poveri. Chi frequenta i supermercati non sono i ricchi. C’è una cultura di solidarietà esistente in Italia che è la nostra speranza.

(Paolo Vites)

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