Ed ecco, puntuali, le pagelle della terza serata di Sanremo 2024. Amadeus in smoking intarsiato d’argento, dopo l’oro con cui ha condotto la prima parte della terza serata di Sanremo 2024, annuncia il vincitore di oggi: Angelina Mango raccoglie il massimo dei voti da parte della giuria delle radio e del televoto, che ha giudicato la seconda metà dei 30 artisti del festival di quest’anno. Il resto della top 5 è composto da Ghali, Alessandra Amoroso, Il tre, Mr. Rain. È stata una serata musicalmente più fiacca e anche lo spettacolo ha ceduto il ritmo più spesso, come spesso nella terza serata, quella in cui si raggiunge il punto di stanchezza che poi risale verso il traguardo finale: Ramazzotti, che celebra Terra promessa dedicandola ai bambini sotto le bombe, e Morandi non valgono musicalmente lo spettacolo di Giorgia e Mangoni e si è tornata agli angolini promozionali e ai monologhi piazzati a caso.



Ha più spessore l’angolo dedicato alla cronaca, con Stefano Massini e Paolo Jannacci Stefano Massini e Paolo Jannacci che dedicano un momento alla tragedia silenziosa, e politicamente silenziata, delle morti sul lavoro, con una canzone che è un dialogo tra la voce di Massini e il piano di Jannacci: le parole che un padre, morto in fabbrica, dice al figlio piccolo, dalla foto appesa come ricordo sul muro del salotto. Una miniatura che cerca di far luce sui 1500 cadaveri che ogni anno muoiono per la mancanza dei diritti e le responsabilità dei datori di lavoro. E dopo, la vergogna di Travolta (Fiorello in punizione si vede per tre minuti e basta), a Crowe riservano un trattamento migliore, facendogli cantare Let Your Light Shine con la sua band, The Gentleman Barbers, poi qualche domanda rispettosa del suo status di artista, che tira frecciate proprio sul qua qua, e poi nessuna baracconata. Minimo sindacale per gli autori, ci vuole tanto? Teresa Mannino, co-conduttrice di serata, arriva dopo 45 minuti e dovrebbe un po’ sparigliare le carte, ma forse, essendo l’unica comica di professione è paradossalmente quella più a rischio.



Costretta a essere simpatica, sembra un po’ più forzata, laddove Giorgia e Mengoni parevano più forzati: è quando esce fuori dal copione, e costringe tutto lo spettacolo ad adeguarsi a lei, che dà il meglio di sé. Proprio per questo le danno molto meno spazio di quanto ci piacerebbe.

Le pagelle delle canzoni, i voti della terza serata

Il tre (presentato da Loredana Berté): nero, brillantini, torso nudo, insomma come metà dei cantanti giovani in gara, canta una canzone che parla di fragilità e salvataggi, in cui cerca di mettere il suo talento per la velocità delle parole, con cui era un ottimo freestyler, al servizio di un pathos emotivo adatto al suo target. Il pezzo è poco interessante, seppure abbastanza solido, ma lui è patatone e dà i fiori a mamma e sul palco è più a suo agio, anche vocalmente. 5,5



Maninni (presentato da Alfa, vestito allo stesso modo da un po’ mesi: cominciamo a preoccuparci): sempre in nero, ma come fosse un torero, fa tenerezza nel girone infernale di uptempo, con quella canzone che parte di velluto e poi va di ritornello classico, tutto a modino, come fosse un pezzo da metà classifica nel ’95. Solo il linguaggio lirico è relativamente moderno, ma degli artisti in gara resta il più impalpabile, con meno identità. 5

Bnkr44 (presentati da Fred Di Palma): con abiti da country boys messi un po’ a caso, sono uno dei non tanti concorrenti a cui avremmo rinunciato senza troppa pena. Hanno un pezzo infantile che non sa cosa vuole essere, o meglio, non riesce a essere niente, i campionamenti vocali e l’autotune sono tra le cose peggiori sentite quest’anno. 4

Santi Francesi (presentati da Clara): bianco e nero, camice e gilet, code e svolazzi, insomma sullo stesso tono degli altri giorni, hanno la canzone che più è cresciuta nel corso degli ascolti, con alcuni dei suoni più interessanti sentiti. Testo con immagini sensuali ben pensato, ottima performance sul palco e una bella classe compositiva. Non è una canzone adatta al contesto, e ne soffrirà, però fa nulla. 6,5

Mr. Rain (presentato da Il volo): impiegatizio, abito grigio e maglione fatto all’uncinetto in tinta, è il pezzo ruffiano nelle musiche e nella scena che sappiamo, ma gli va concesso che sulla storia di un padre a cui muore un figlio poteva calcare molto più la mano nel testo con le lacrime e i ricatti. Ciò non toglie che oltre al tranello emotivo, è la canzone a mancare, e quel effetto sulla voce, rubato a Hide and Seek di Imogen Heap, grida vendetta. 5

Rose Villain (presentata da Gazzelle): statuaria fasciata di nero, è la vera rivelazione del festival, due o tre anime mescolate in modo originale e imprevisto. E poi ha una voce potente e versatile che il festival sta lanciando fuori dalla propria cerchia. 6,5

Alessandro Amoroso (presentata da Dargen D’Amico): abito nero, volatile e trasparente, con elegante spacco, capelli bagnati da doccia, torna alle radici R&B delle origini, il giro di piano, la batteria, le pause per far imprimere la voce nelle orecchie di chi ascolta. È un bel pezzo, quasi raffinato fino al crescendo finale (che bello special!), che ha scelto solo l’anno sbagliato per essere in gara. 7-

Ricchi e Poveri (presentati da BigMama): in accecante ed esilarante fucsia brillantinato, con aggiunta di piume di struzzo, sono chiaramente la cosa più simpatica, ricercatamente camp ed eccessiva, con lei assolutamente irresistibile. Oltre questo, però essendo sinceri, la voce è un ricordo sommerso da orchestra e produzione, il coraggio è proporzionale all’effetto tenerezza di chi cerca di essere alla moda forzando la mano. Però, non si può non voler loro bene. 6

Angelina Mango (presentato da Irama): madonnina disinvolta nella felpa floreale e sfavillante, è un portento di sicurezza, tenuta del palco, presa sul pezzo e sul pubblico e voce che si può permettere – l’unica, spericolata – un break a cappella per liberare la gola. Può mettere d’accordo tutti. 7,5

Diodato (presentato da The Kolors): tuta da elettrauto, ma di tessuto e colore elegante, ha una classe mediamente superiore all’80% dei concorrenti. In tutto, nel testo, nello stare sul palco, nella musica, nell’orchestra che nel break, quando tutti ballano, fa alcune delle cose migliori sentite quest’anno: una canzone bella a tutto tondo, che punta al podio e alla critica. Speriamo li centri entrambi. 7+

Ghali (presentato da Mahmood): rende esplicita la citazione a Michael Jackson che fa nell’esibizione, con un gesto di danza, mostrandosi con l’abbigliamento storico del re del pop, guanti bianchi compresi. Un pezzo che mostra un livello di suoni e presenza di un’altra pasta, un po’ debole però nella composizione, specie nel ritornello, e poi, oggi la voce si tende un po’ troppo. Ha però qualcosa da dire che vada oltre le fragilistà esistenziali che sono l’unica alternativa, sembrerebbe, allo struggimento d’amore. E l’alieno, piano piano si avvicina al palco. 6,5

Negramaro (presentati da Emma, anche lei in scioccante rosa): tutti in argento con fantasie un po’ antiquate, devono risalire la china, visti i risultati al di sotto delle aspettative, ma il pezzo è davvero troppo ondivago per colpire le giurie di un festival come di quello di Sanremo, ha bisogno di stadi, non di teatri. Su quel palco, a differenza del solito, perde qualcosa. 6

Fiorella Mannoia (presentata da Annalisa): libera e orgogliosa, come il testo è lei, che presenta in modo forte una canzone accattivante e monotona, che ha nel testo le sue frecce migliori, ma sa affiancarvi accanto una voglia di stare sul palco e comunicare non solo con la voce praticamente perfetta. Musicalmente è ammiccante, e quindi il pubblico è coinvolto. Operazione giusta, canzone però che sembra trascinarsi, pur essendo la più corta del festival. 6+

Sangiovanni (presentati da Renga e Nek): busta della spazzatura per pantaloni e zuccotto alla Lucio Dalla, esibisce una fragilità a un passo dalla maniera, dalla posa, la sua indolenza vocale non arriva a diventare cifra comunicativa, almeno in questo pezzo. 5

La Sad (presentati da Geolier): paiono voler compendiare la storia e le tendenze del look punk, ma la canzone strizza veramente troppo l’occhio al mainstream – scrive infatti Zanotti dei Pinguini Tatti Nucleari – per non puzzare di finzione, o meglio dell’atteggiamento di quei nipoti che dicono le parolacce e i nonni li guardano con accondiscendenza e un po’ di sorrisi. È un peccato, perché così, del messaggio e delle storie che il film narra, resta poco. 5,5

Oggi, con le cover e i duetti, lo spettacolo dovrebbe risollevarsi e la classifica potrebbe nuovamente ribaltarsi.