I “centri di controllo” dell’appetito delle persone in situazione di obesità e di sovrappeso sono diversi. Questo il risultato di uno studio britannico: l’ipotalamo nelle persone con un indice di massa corporea più elevato è “significativamente più grande” rispetto alle persone con un peso “regolare”.



I ricercatori affermano che le loro scoperte aggiungono ulteriori prove alla rilevanza della struttura del cervello rispetto al peso e al consumo di cibo. Secondo l’Office for Health Improvement and Disparities, quasi i due terzi degli adulti nel Regno Unito sono in sovrappeso o convivono con l’obesità. Ciò aumenta il rischio di sviluppare problemi di salute come diabete di tipo 2, malattie cardiache e ictus, cancro e cattiva salute mentale.



Lo studio sull’obesità rivela scoperte sull’ipotalamo

Diversi fattori influenzano quanto le persone mangiano e cosa mangiano, tra cui la genetica, la regolazione ormonale e l’ambiente in cui vivono. Tuttavia, non è del tutto chiaro cosa succede al cervello per dirci se siamo affamati o sazi. Studi precedenti hanno dimostrato che l’ipotalamo – una piccola regione del cervello delle dimensioni di una mandorla – svolge un ruolo importante. La dott.ssa Stephanie Brown, del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Cambridge, ha dichiarato: “Anche se sappiamo che l’ipotalamo è importante per determinare quanto mangiamo, in realtà abbiamo pochissime informazioni dirette su questa regione del cervello negli esseri umani viventi. Questo perché è molto piccolo e difficile da distinguere sulle tradizionali scansioni cerebrali MRI”.



Il professor Paul Fletcher, tra gli autori dello studio, anch’egli del Dipartimento di psichiatria di Cambridge, ha dichiarato: “Gli ultimi due decenni ci hanno fornito importanti intuizioni sul controllo dell’appetito e su come può essere alterato nell’obesità. La nostra speranza è che, adottando questo nuovo approccio all’analisi delle scansioni cerebrali in grandi set di dati, possiamo estendere ulteriormente questo lavoro agli esseri umani, mettendo in relazione queste sottili scoperte cerebrali strutturali con i cambiamenti nell’appetito e nel mangiare e generando una comprensione più completa dell’obesità”.