Per la comunità italoamericana sono stati tre giorni molto gratificanti culminati con la partecipazione a sorpresa del presidente degli Stati Uniti Joe Biden alla cena di gala di sabato 14 ottobre organizzata come ogni anno a Washington dalla Niaf – National Italian American Foundation -, la più importante organizzazione culturale e di tutela delle tradizioni che opera tra le due sponde dell’Atlantico.



Ma a conquistare cuori e simpatie della numerosissima platea è stata moglie Jill che, originaria della Sicilia, ha raccontato di aver trovato a Ellis Island – prima meta di accoglienza per chi scegliesse di emigrare nella Grande Mela – tracce del passaggio dei suoi bisnonni Gaetano e Concetta Giacoppa, cognome presto trasformato in Jacobs, calandosi nello spirito di chi cominciava così una nuova vita.



“Anche dopo aver cambiato i lori nomi – ha detto la prima First Lady di origine italiana, orgogliosa di esserlo come ha poi specificato – i rinnovati Jacobs conservarono i valori che si portavano dietro dalla madrepatria: lealtà, generosità, gentilezza, fede. Questi caratteri Jill li ha condotti con sé alla Casa Bianca perché i nostri antenati respirano con noi e noi con loro. E dobbiamo esserne orgogliosi.

Nonostante il peso di una certa retorica, queste parole hanno toccato l’uditorio infiammandone i sentimenti. Artisti e sognatori che ci spingono a superare i confini della nostra immaginazione, avvocati che combattono le ingiustizie, imprenditori illuminati, figli, nipoti e pronipoti, tutti guardando proprio passato possono trovare il coraggio delle proprie azioni anche quando sono particolarmente affranti.



Ciascuno di noi può e deve aspirare a una vita migliore. E merita d’incontrare le opportunità per provarci. I nostri antenati hanno lavorato sodo e ci lasciano la speranza di un futuro luminoso che dobbiamo essere capaci di realizzare per il bene delle nostre famiglie. Generazione dopo generazione abbiamo lasciato un segno indelebile dei nostri sacrifici, del nostro impegno, del nostro ingegno.

Detto così, mentre il mondo brucia e a due passi dall’Italia imperversa una delle più spietate guerre che la memoria individuale e collettiva ricordi può sembrare un tantino fuori luogo. Eppure, è proprio nel nostro passato che possiamo trovare le risposte alle tante domande che ci poniamo nello smarrimento attuale. Se siamo anche e soprattutto ciò che siamo stati dobbiamo recuperare la forza che abbiamo avuto.

Non sarà facile riempire di contenuti questi propositi. Tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il famoso mare che, dobbiamo esserne consapevoli, abbiamo attraversato con successo fisicamente e metaforicamente più volte nella nostra lunga storia. E abbiamo contribuito a costruire una società tollerante e democratica fondata sul lavoro in ogni Paese che abbiamo scelto come meta del nostro viaggio.

Se siamo diventati meno di 60 milioni all’interno dei confini nazionali possiamo contare in più di 80 milioni i cittadini di origine italiana sparsi per il mondo. Trattati all’inizio con diffidenza per la povertà che ci portavamo addosso abbiamo saputo farci apprezzare nel tempo per la nostra laboriosità. La stessa che oggi mettiamo nei prodotti del Made in Italy, tra i più ricercati e apprezzati in ogni angolo del pianeta.

Se tutto questo ci viene riconosciuto all’estero e ci facciamo capaci di quanto caro sia costato ai nostri avi, privi di tutto fuorché del fuoco sacro dell’intrapresa, abbiamo il dovere morale di rimetterci in gioco per conseguire quei vantaggi anche materiali che abbiamo dimostrato di saper conquistare sul campo. Dall’apparentemente fragile prima Signora sulla Terra, una lezione che non possiamo lasciar cadere.

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