La discussione sull’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro è piena di dati di previsione che cercano di stimare l’impatto futuro. L’Ocse ha pubblicato un report a fine maggio con le sue principali conclusioni, mettendo in allarme i Governi sulla necessità di sorvegliare la concorrenza e le sue possibili distorsioni.
Gita Gopinath del Fondo monetario internazionale prevede che il 30% dei lavori nei Paesi avanzati sia sostituibile dall’intelligenza artificiale, il 20% per i Paesi emergenti e il 18% in quelli a basso reddito. La prossima (inevitabile) crisi sarebbe l’occasione per spazzare via buona parte di questi lavori (e lavoratori), come la crisi finanziaria del 2008 è stata l’occasione, anche in Italia, per disfarsi di impianti industriali obsoleti e spingere l’acceleratore sui processi di automazione.
Il costo in termini di persone spiazzate dai cambiamenti del mercato del lavoro corre il rischio di essere elevato. Non si potrà probabilmente rispondere pre-pensionando tutti, come in parte si faceva nel passato, viste le condizioni demografiche. I suggerimenti del Fmi sul da farsi sono tutt’altro che scontati e facili da realizzare.
Il primo suggerimento riguarda l’aiutare i lavoratori a prepararsi all’avvento dell’intelligenza artificiale, vale a dire a capire come funziona e come si usa nei processi organizzativi e produttivi; si tratta di un livello diverso rispetto all’uso dei prodotti d’ufficio, uno sforzo possibile ma urgente. Prepararsi vuol anche dire dare più tempo ai lavoratori di adattarsi, pensando a politiche attive e sussidi che durano di più di 6 mesi, se si dovranno affrontare percorsi lunghi di formazione in un contesto di bassa occupazione.
Il secondo suggerimento riguarda il bilanciamento dei sistemi fiscali che oggi favoriscono l’automazione rispetto alle persone. Favoriscono significa che sono tassati meno delle persone che sostituiscono e anche meno delle tecnologie che comunque hanno bisogno di persone. Non si tratta di “tassare l’IA”, ma di rivedere i sistemi di incentivi che esistono già e che spesso vanno a discapito del lavoro.
Il terzo avviso chiede di fare attenzione alle reazioni dei mercati finanziari che oggi sono guidati da intelligenze artificiali: potrebbero avere effetti dirompenti di fronte a cambiamenti significativi dei mercati finanziari. Bisogna testare i meccanismi automatici per evitare che impazziscano in condizioni di stress. Cosa da fare adesso, non nel futuro.
E già adesso la vita di molti lavoratori è influenzata non dall’intelligenza artificiale, ma da algoritmi semplici e da programmi gestionali che prendono decisioni utili alle imprese, ma spesso dannose per i lavoratori se non sono mitigate da appositi strumenti di controllo umano. Si è parlato spesso dei fattorini che portano le pizze, e il caso eclatante ha attratto legislatori e giudici, ma i problemi sono più diffusi e radicati.
Il caso degli uffici postali in Inghilterra è eloquente: un bug nel software di contabilità ha reso molti capi ufficio delle filiali colpevoli di ammanchi che non esistevano. L’organizzazione e il suo management hanno preso misure drastiche nei confronti di migliaia di malcapitati in base a una fede cieca e mal riposta nella tecnologia. Ne è emerso uno degli errori giudiziari più grandi della storia del Regno Unito, fino a che 555 dipendenti delle poste non hanno vinto una causa che ha dimostrato la loro innocenza e documentato gli errori del software. Una televisione privata ci ha costruito sopra una serie di successo che ha indignato il Paese e costretto il Governo a una pubblica indagine che si può seguire anche on-line. Ne emerge una condotta organizzativa affetta da arroganza e scarse competenze. Il rispetto delle persone che lavorano può diventare un optional anche in organizzazioni che offrono lavori stabili, dignitosi e ben pagati.
La domanda quindi resta aperta: cosa dobbiamo fare, anche come aziende e organizzazioni pubbliche, per non soccombere all’intelligenza artificiale, ad algoritmi standard o addirittura a un semplice software gestionale? Come manteniamo una dignità nel rapporto di lavoratori e tra lavoratori di diversi livelli nella prassi della quotidiana della vita lavorativa?
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