Gli strumenti digitali sono, in particolare dopo la pandemia di Covid-19, sempre più presenti nell’offerta dei servizi pubblici per l’impiego, rappresentati in Italia principalmente dai Centri per l’impiego, e si è dimostrata efficace in particolare per l’utenza più vicina al mercato del lavoro. Ciò pone, tuttavia, la questione di se, e come, fornire questi servizi “online” anche all’utenza che non ha o, in ogni caso, ha livelli molto bassi di competenze digitali o che non è in grado di accedere, specialmente in autonomia, alle risorse relative ai servizi digitali messi a disposizione.
È quindi necessario riflettere, come fa la stessa Commissione europea in un report pubblicato nei giorni scorsi, per individuare, e analizzare, quali sono le barriere che rendono difficile ai cittadini più vulnerabili l’utilizzo dei servizi digitali per quanto attiene il mercato del lavoro.
In questo quadro sono state sviluppate, in vari contesti, una serie di strumenti che si propongono di identificare, il più puntualmente possibile, quali sono gli utenti dei servizi per il lavoro con competenze digitali nulle o minime. Per questo rimane, nonostante lo sviluppo delle macchine intelligenti, ancora centrale il ruolo delle persone chiamate a svolgere azioni di primo orientamento.
La consulenza online è, ciò premesso, ormai diffusa ed è stata utilizzata con successo per alcuni soggetti vulnerabili, con, ovviamente, alcune necessarie specifiche e attenzioni. Per questo, ad esempio, la formazione (in molti casi una vera e propria “alfabetizzazione”) sulle competenze digitali dovrà divenire, nei prossimi anni, sempre più ampiamente disponibile. Una formazione, tuttavia, non percepita come un “escamotage” per continuare, come capita in alcuni (troppi) casi, a ricevere i sussidi di disoccupazione o altre misure simili.
Sta, insomma, insieme al lavoro cambiando quel lavoro, complesso e specifico, che è quello di cercarlo. Le transizioni, insomma, stanno mutando anche, potremmo dire il “mestiere” del disoccupato e, allo stesso tempo, di chi aiuta le persone a non esserlo più.
Le risorse del Pnrr, anche in questo caso, potranno risultare certamente utili se utilizzate, ad esempio, per copiare “buone pratiche” che già si sono realizzate in Europa.
Le nuove sfide del lavoro del domani (e in gran parte dell’oggi), tuttavia, non si vincono solamente con interventi mirati e settoriali, ma con uno sforzo, a 360 gradi, del sistema Paese (ancora decisamente analogico) per una sua completa digitalizzazione che significherebbe, per molte fasce della popolazione ed aree del Paese, entrare, con tutti i suoi rischi e contraddizioni, nel futuro.
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