Una madre ingombrante, innamorata della recitazione e abituata a ottenere quello che vuole. Una figlia che ha abbandonato il sogno infantile di fare l’attrice per diventare sceneggiatrice, ma che in fondo continua a subire il peso della fama materna. Fabienne (la madre) e Lumir (la figlia) sono le protagoniste del nuovo film di Hirokazu Kore’eda, Le verità, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2019 e interpretato da una leggenda del cinema francese, Catherine Deneuve. La storia ruota attorno a loro, madre e figlia, che vivono lontane ma si rivedono quando esce l’autobiografia di Fabienne, che, per festeggiare, invita la figlia a casa sua, nel cuore di Parigi. Lumir (Juliette Binoche) arriva con il marito, un attore americano di fama modesta (Ethan Hawke) e con la figlioletta Charlotte (Clémentine Grenier), innocente e adorabile, affascinata dalla nonna “strega”.



Sigaretta in mano e tazza di tè sul tavolino, Fabienne è sicura di sé, viziata e poco amante dei giornalisti, ma soprattutto è innamorata del suo lavoro. Sta per iniziare le riprese di un film dopo sette anni di assenza e, quando il suo assistente (stanco di essere dato per scontato) se ne va, pretende che Lumir la aiuti sul set. E il film, guarda caso centrato sul rapporto tra madre e figlia, si rivela l’occasione per affrontare le verità e le bugie, ma soprattutto i fantasmi, del passato che lega le due donne.



Il regista giapponese costruisce con cura il mondo delle protagoniste, un mondo chiuso, perché le scene sono quasi sempre ambientate nella grande casa-prigione di Fabienne e sul set cinematografico. Poche volte le vediamo uscire per le strade di Parigi, una Parigi invernale e un po’ fiabesca. La scelta rispecchia lo spirito del film, che si concentra sul rapporto tra le due donne e sui nodi irrisolti della loro storia, rappresentati dal fantasma di Sarah, un’amica a cui Fabienne aveva rubato la “grande occasione”. Ora le sembra di rivederla nella giovane collega con cui sta recitando e, mentre la verità si confonde con la finzione, affiorano i sentimenti che in passato hanno diviso madre e figlia (fuggita a New York), ma anche l’amore che va oltre il rancore.



Attorno a loro si muove un entourage di assistenti, colleghi, dipendenti e uomini che, per una volta, non fanno la parte del leone. Può darsi che le figure maschili risultino un po’ opache, ma forse è un effetto voluto. Le verità è un film su tre donne legate tra loro (e il fantasma della quarta), Fabienne, Lumir e Charlotte, che incarnano le tante sfumature dell’essere madre e figlia. E quel titolo, che in francese è singolare, La vérité, si riferisce alla confusione tra la verità delle emozioni e quella dei fatti nella memoria delle persone: Fabienne e Lumir ricordano in modo diverso alcuni eventi del passato, in base al modo in cui li hanno vissuti. Ma si riferisce anche alla verità che un’attrice deve infondere nel suo personaggio, un lavoro difficile su cui Fabienne insiste e che la porta a voler rifare le scene più volte, sfruttando i sentimenti reali per rendere più credibile la finzione.

Infine, il film è un’occasione per raccontare le luci e le ombre di una diva, magnificamente interpretata dalla Deneuve, disposta a tutto per avere successo nel lavoro che ama. Il regista, pur muovendosi in un mondo che non è suo, sa restituire le sfumature psicologiche dei personaggi e ricostruisce con cura l’ambientazione francese, riuscendo a non appesantire i toni. Dopo aver vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes con Un affare di famiglia, Kore’eda si conferma così un grande interprete del cinema contemporaneo, capace di raccontare storie intense con eleganza, sincerità e quel tocco di humor che riesce a stemperare il dolore.