È MORTO LEANDRO ALETTI, IL GINECOLOGO “DEFENSOR VITAE”
Il professor Leandro “Leo” Aletti è morto oggi 15 agosto 2022: ginecologo, professore, primario, padre ma soprattutto uomo, è nato al Cielo nel giorno dell’Assunta, teso nell’abbraccio di quella fede a cui ha dedicato una vita intera nello svolgimento della sua professione. Leandro Aletti era nato a Varese il 17 giugno 1945, laureato in Medicina e Chirurgia il 9 novembre 1970, specialista in Ostetricia e Ginecologia, dal 1993 professore a contratto presso la Seconda Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Milano: ospedaliero alla Clinica Ostetrica Mangiagalli di Milano, dal giugno 1999 Aletti è divenuto primario ospedaliero presso l’Azienda Ospedaliera di Melegnano. Sposato con 8 figli (uno di essi, Stefano, morto tragicamente in età giovanissima), spese la gran parte dei suoi 77 anni svolgendo la sua carriera da ginecologo nel tentativo di difendere la vita negli anni difficilissimi dei primi aborti selettivi e tardivi: attorno agli anni Duemila è stato anche contestato a livello mediatico per i modi anche molto netti che aveva di difendere la vita fin dal suo concepimento. In un libro intitolato “Carne, ossa, muscoli e tendini – In difesa della vita nascente”, fu lo stesso dottor Aletti a raccontare da vicino «battaglie, vittorie, sconfitte, gioie e dolori di un ginecologo obiettore e cristiano».
Memore degli insegnamenti medici nella sua lunga carriera di ricercatore, ma anche fermamente fedele alla testimonianza cristiana nella cura e tutela della vita, il professor Leo Aletti nel 2012 raccontava al nostro quotidiano il suo desiderio recondito di una vita senza più aborto: «La mia speranza per il 2012 è che nel nuovo anno si smetta di praticare l’aborto. Qualcuno mi obietterà che non c’è la maggioranza parlamentare per cambiare la legge. Ma la speranza è una cosa diversa da un puro calcolo delle probabilità, o da un semplice desiderio». Davanti ai modi a volte “accorti” di approcciarsi alla complessa vicissitudine politica e sociale della Legge 194 sull’aborto in Italia, il docente e ginecologo non usava mezze parole: «in Italia purtroppo c’è una mentalità abortista, e con la legge 194 si sono verificati in tutto sei milioni di interruzioni di gravidanza. Affermare che questa sarebbe una legge in difesa delle donne e per il diritto alla libera scelta è un’ipocrisia. Il punto è che quando si perde il rispetto per la vita, vuole dire che non se ne comprende più il significato. Via, verità e vita è infatti Gesù Cristo. Anche se oggi si vuole porre un altro fondamento alla società». «Ha avuto un grosso impegno nella difesa della vita: come “defensor vitae” è importante ricordarlo proprio per la sua umanità»: così racconta al “Sussidiario.net” il dottor Gianluigi Parenti, specialista in Ostetricia e Ginecologia e specialista in Endocrinologia Sperimentale.
DALL’ALLIEVO AL FIGLIO: IL RICORDO DEL PROFESSOR LEANDRO “LEO” ALETTI
Le cronache nazionali ricordano del professor Aletti per il famoso “caso Mangiagalli”, esploso nel gennaio 1989 quando proprio Aletti assieme al collega e amico dott. Luigi Frigerio denunciarono interruzioni di gravidanza dopo i 90 giorni effettuate presso la clinica di Milano. Quelle pratiche sembravano violare la stessa Legge 194: un caso che si trascinò per un anno e mezzo con ispezioni, inchieste, processi e amnistie. Ma più delle questioni “politiche”, ad impressionare la lunga storia di Leandro Aletti come medico ginecologo erano i suoi tentativi di dissuadere le donne che si presentavano per voler abortire. Sempre al “Sussidiario”, Aletti ci raccontava ormai 10 anni esatti fa come «l’aborto è un episodio che una donna non dimenticherà mai più. E mi è capitato che delle signore di 60 anni, durante l’anamnesi in ospedale, dopo avere ammesso di avere fatto un’interruzione volontaria di gravidanza incominciassero a piangere». La grandezza umana del professor Aletti stava anche nell’essere andato ‘contro’ gli interessi a volte della sua famiglia e pure i suoi, «rischiando spesso la carriera per le sue battaglie sempre per la vita», ricorda ancora il professor Parenti. Difendere la vita contro tutti e a favore di quell’uno, innocente e indifeso, che poteva venire al mondo: l’allievo tratteggia così la figura di quell’uomo così netto e al contempo impegnato nel mistero della vita, «Di fronte alla tutela della vita e del nascituro è sempre stato un grande, un generoso, di fatto un “martire” in quanto è stato vessato, giudicato e sempre perseguitato per la sua difesa della vita».
Secondo il dottor Parenti, Leandro “Leo” Aletti è stato un autentico «gigante, un maestro, da lui ho imparato il mestiere: insieme al dottor Frigerio erano dei giganti» nella competenza e nel loro modo straordinariamente umano di stare di fronte alla vita che avanza, alla vita che bussa alla porta di ciascuno di noi ogni giorno. Parenti ci racconta di aver imparato da Aletti e da Frigerio «come stare di fronte alla vita, mi hanno insegnato a fare il ginecologo facendomi stare davanti al accoglienza della vita fin dal suo concepimento». In sintesi, conclude il docente e ginecologo, «Io sono minuscolo davanti ad Aletti e Frigerio, eppure mi hanno insegnato tutto nel mio lavoro: non riconoscerlo come maestro sarebbe come dire che mio papà non è mio papà». Uno degli 8 figli di Leandro Aletti, Riccardo, si è fatto sacerdote nel 2020 dopo essere entrato in seminario presso la Fraternità San Carlo Borromeo (fondata nel 1985 da monsignor Massimo Camisasca, ndr): aveva cominciato anche lui la carriera di medico, prima di rimanere folgorato dalla vocazione sacerdotale incontrata proprio nel travaglio della vita in corsia. Il figlio ricorda così nella sua breve “biografia”, presentata in sede di ordinazione, proprio l’esempio e la testimonianza di quel padre Leandro, di cui – dice – rimarrà sempre grato: «fin da piccolo ascoltavo mio padre che, a tavola, raccontava del suo lavoro di ginecologo con il dottor Frigerio in prima fila in ospedale a lottare per ogni vita nascente». Per don Riccardo Aletti, il racconto del papà è rimasto segno fedele di quella fede poi cresciuta a tal punto in età adulta da essere divenuta autentica vocazione: «ogni paziente che decideva per l’aborto era per loro una ferita profondissima, qualcosa che non li lasciava tranquilli. In me, diventava sempre più chiaro che la vita è un bene, qualsiasi cosa possa accedere, perché c’è un Padre che ce la dona continuamente».