Decisamente curiosa la vicenda con protagonista Grazia, una donna che abita in pieno centro a Lecce, e la cui casa confina con la cappella Sant’Antonio Abate, edifici separati solo da un muro. Come scrive il Corriere della Sera, un giorno la donna ha ben pensato di allargarsi, vantando un contratto in cui vengono indicati anche «eventuali diritti sulla cappella» adiacente. Di conseguenza, visto anche il fatto che in chiesa non andava mai nessuno, ha ben pensato di aprire un buco, finendo di fatto dentro la chiesetta a fianco.



Avviene così un’annessione silenziosa, un prolungamento del salotto e del tinello, e nel contempo, viene anche chiuso il portone d’ingresso della Chiesa, evitando che qualche malintenzionato potesse intrufolarsi nella sua casa direttamente dalla cappella di Sant’Antonio Abate. Succede però che un giorno, siamo nel 2001, un prete si accorge dello sbarramento e va a riferire tutto all’Archivescovo. Inizia così una lunghissima querelle fra la Diocesi e la stessa signora, fra carte bollate e visure catastali, ma “l’occupante “ non cede, di conseguenza il tutto finisce in tribunale.



LECCE, QUERELLE FRA UNA DONNA E LA CAPPELLA VICINA: DOPO LA CASSAZIONE…

In primo grado i giudici danno ragione alla cappella di Lecce, ma la signora fa ricorso, perdendo anche in Appello, fino a che si arriva alla Cassazione, giudizio definitivo giunto due settimane fa e in cui si legge che quel pezzo di carta su «eventuali diritti esistenti sulla cappella» non vale niente. L’usucapione è improponibile e l’appartenenza alla curia vescovile della chiesa è provata «da numerosi documenti risalenti nel tempo».

Inoltre la Cassazione sottolinea come non si possano “conquistare” le chiese, sfondando il muro di confine. Peccato però che neanche tre gradi di giudizio abbiano convinto la signora a togliere i chiodi dalla porta. Il Corriere della Sera, ha contatto Francesco Tuccari, il legale dell’Arcidiocesi, che ha spiegato: «Stiamo trattando è una fase delicata, anzi per cortesia non faccia nomi». La sensazione è che la vicenda, che va avanti da più di 20 anni, non si risolverà affatto in tempi brevi…