Nella notte degli exit poll e delle proiezioni, le certezze sono tre: che la Lega è saldamente il primo partito in Italia, che i 5 Stelle sono i grandi sconfitti perché un anno fa erano in testa e ora sono stati superati non soltanto dalla Lega ma anche dal Pd scendendo addirittura sotto il 20 per cento, e che Forza Italia non riesce a raggiungere la soglia sperata del 10 per cento. Le proiezioni lanciano Matteo Salvini addirittura al 33 per cento, un successo nettissimo che viene affiancato dalla probabile vittoria anche in Piemonte. Significherebbe che tutti i governatori del Nord, cioè il “partito del Pil” da Genova a Trieste, tornerebbero in mano al centrodestra. La vecchia coalizione con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia sarebbe attorno al 45 per cento.



I 5 Stelle sono piombati in una crisi profonda, evidentemente l’essersi spostati a sinistra non è piaciuto agli elettori di Luigi Di Maio. Però il M5s continua a ottenere un consenso superiore alla somma dei voti di Forza Italia e Fratelli d’Italia. I numeri dicono dunque che il governo in carica non esce indebolito, almeno per ora. Matteo Salvini, il primo leader politico a presentarsi davanti ai giornalisti (ancora con il rosario in mano), ha confermato che l’esecutivo rimane unito e va avanti serenamente “senza regolamenti di conti interni”.



È chiaro che ora il ministro dell’Interno batterà più forte i pugni sul tavolo di Palazzo Chigi per insistere sui punti dell’accordo di governo rimasti indietro, a partire da grandi opere e autonomia. Ed è altrettanto evidente che i 5 Stelle si adatteranno a votare tutto, o quasi, perché per loro la prospettiva di un nuovo voto equivale a scomparire, sia perché il divieto del terzo mandato ne spazzerebbe via parecchi, sia perché la tendenza al ribasso verrebbe accentuata.

Paradossalmente, il destino del governo è più nelle mani degli sconfitti che dei vincitori. Salvini ha parlato per primo e ha blindato l’esecutivo: se sorgeranno problemi, la responsabilità non sarà sua ma di Di Maio e della Casaleggio. È una nemesi per il partito giustizialista, che non ha beneficiato in nulla delle inchieste contro i leghisti e dell’appoggio ricevuto dalla magistratura e da qualche potere forte che non vede di buon occhio l’avanzata sovranista. Ormai l’uomo forte è Salvini, che guadagna sia stando al governo sia affrontando eventuali elezioni anticipate. Piuttosto si leccano qualche ferita gli altri partiti del centrodestra, che non sono riusciti a coagulare il consenso necessario per dare la spallata al governo Conte. Che dunque, almeno per il momento, andrà avanti. Sempre che la frana del M5s non si trasformi in un terremoto.