La Sicilia ha fatto crack. Era lo slogan della grande manifestazione del quartiere Ballarò a Palermo. Scesero in piazza le associazioni di volontariato, le parrocchie, le famiglie. tutti insieme lanciarono un allarme forte e carico di pathos: il crack sta uccidendo il quartiere, sta bruciando il cervello dei nostri giovani, le nostre piazze non sono più nostre.
È da qui, dal basso, che tutto è iniziato. Un percorso che ha portato la Sicilia a dotarsi della prima legge di contrasto specifico al fenomeno della diffusione del crack, la nuova droga sintetica derivata dalla cocaina che spopola e aumenta esponenzialmente il danno fatto al tossicodipendente.
E a caricare di tragedia umana tutto il percorso c’era e c’è una persona: un padre. Francesco Zavatteri ha perso un figlio per colpa del crack. Lui, farmacista, non si è mai dato pace. ma il suo dolore ha deciso di trasformarlo in lotta. Ci ha messo la faccia e ha portato a un livello superiore la denuncia in un modo, con una limpida e drammatica chiarezza tale da non ammettere un no. Così le istituzioni lo hanno ascoltato, hanno ascoltato le associazioni che lottano nel quartiere, hanno ascoltato i parroci di frontiera, le donne e gli uomini del Terzo settore e, uno a uno, tutti i deputati hanno sposato quella legge, quel progetto, quella manifestazione di intenti, quell’idea che lancia un messaggio chiaro: adesso è lotta al crack. Non solo alla droga ma specificamente al crack.
La legge regionale siciliana è stata approvata martedì scorso ed è la prima in Italia, ma è anche una legge che può essere apripista, che introduce una serie di elementi.
Una legge che lavora sulla prevenzione nelle scuole e nelle strade, lavora sul contrasto “culturale” allo spaccio e all’uso e lavora sul recupero dell’emarginato. un approccio misto: sociale, sanitario e solo marginalmente repressivo.
Già nel 2024, con un’applicazione immediata della norma, si prevede una spesa di 1,7 milioni per le attività di prevenzione nelle scuole. Si tratta di una spesa strutturale con risorse già stanziate in tutto il triennio, per un totale di 5,1 milioni di euro. Per il servizio di unità mobili per interventi di screening, sostegno e assistenza sul territorio, con particolare attenzione ai contesti abituali di consumo, sono stati stanziati 2 milioni nel 2025 e 2 milioni e mezzo nel 2026 e per tutti gli anni a seguire. Per la realizzazione dei centri di prima accoglienza nelle Asp sono stati stanziati 5,4 milioni di euro sia nel 2025 che nel 2026, per un totale di 10,8 milioni di euro. Infine, nel biennio 2025-2026 sono stati stanziati a valere sul Fondo sociale europeo 1,5 milioni di euro all’anno, per una somma complessiva di 3 milioni, per le attività di inclusione lavorativa dei soggetti interessati dalle attività.
“Un passo decisivo per la protezione delle nuove generazioni e per combattere il fenomeno distruttivo delle sostanze stupefacenti” lo definisce il Presidente della Regione Renato Schifani. “Con questo provvedimento, la Regione si impegna non solo nella prevenzione, ma anche nel garantire percorsi di cura e di reinserimento sociale per chi cade vittima delle droghe”.
Fatta la legge parte la corsa ad accaparrarsi il merito. Ma questa volta il merito non è di nessuno, anzi è di tutti. Una legge nata dal basso, spinta dal basso, sostenuta da pezzi importanti delle opposizioni con una battaglia fatta dall’ex iena oggi deputato regionale di sud Chiama Nord Ismaele La Vardera ma anche da pezzi di maggioranza. Studiata a tavolino per trovare le risorse da assessore e Presidente della Regione e alla fine votata all’unanimità da tutti: una prova che ci sono cose sulle quali non ci si può dividere.
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