La legge contro la pornografia, diventata nota negli anni come legge anti-minigonna, è stata abolita in Ruanda. A richiederne l’annullamento sono state proprio le attiviste in materia di diritti delle donne. Il provvedimento, infatti, veniva da tempo utilizzato in modo improprio, tanto da arrivare a mettere il pericolo queste ultime in virtù del loro abbigliamento.
La legislatura, emanate nel 2014, sarebbe dovuta essere utile a proteggere donne e bambini, in quanto vietava la diffusione di materiale pedopornografico. Essa, tuttavia, includeva alcuni articoli incostituzionali, tra cui quello che vietava di indossare abiti che avrebbero potuto suscitare negli uomini eccitazione sessuale. Da qui il nome di “legge anti-minigonna”. In più occasioni le donne erano state aggredite per strada poiché erano vestite in un determinato modo. Dopo numerose proteste, a distanza di sette anni, la Corte Costituzionale della Ruanda ha abolito il provvedimento.
Legge contro pornografia diventa anti-minigonna: le proteste in Ruanda
L’organizzazione Uganda Women’s Network ha dichiarato fin dalla sua realizzazione che la legislazione era in conflitto con la costituzione del paese, che garantisce uguali diritti per entrambi i sessi. La legge contro la pornografia, denominata successivamente “anti-minigonna”, era stata tuttavia approvata ugualmente. In questi anni numerose donne sono state arrestate: dalla cantante Jemimah Kansiime, che aveva pubblicato una canzone con riferimenti sessuali, ad una modella, le cui foto nuda erano state diffuse.
Dopo anni e anni in cui le organizzazioni per i diritti delle donne e i difensori per i diritti umani hanno esortato il governo della Ruanda a rivedere la legge, finalmente quest’ultima è stata abolita dalla Corte Costituzionale. Il comitato di nove membri, istituito quando è stata introdotta la legge, che aveva il compito di prevenire la diffusione della pornografia nel Paese ed attuare i giudizi, verrà ora sciolto. I vertici della politica del Paese non hanno ancora commentato la sentenza.