Autunno, tempo di esami. La frenata dell’economia europea spinge quest’anno più che in passato ad attrezzarsi per affrontare l’esame dell’Unione Europea, che coincide con la trattativa sul Patto di stabilità. Ovvero a rastrellare in giro i capitali per la quadratura del cerchio. Ma stavolta, a sorpresa, Bruxelles ha battuto per genialità e fantasia il Tesoro italiano.
No, non stiamo parlando dell’Unione Europea, ma del governo belga guidato dal fiammingo Alexander De Croo, che è riuscito a superare la cifra di 18 miliardi raccolti con la prima emissione di Btp Valore: 21,8 miliardi sono stati rastrellati collocando un bond a 12 mesi con un rendimento secco del 3,3%. I risparmiatori hanno decretato un memorabile successo per quest’emissione in aperta sfida alle banche che, in Belgio come in Italia, sono molto lente nel riconoscere ai correntisti l’aumento degli interessi. “C’è stato un momento in cui abbiamo ricevuto un ordine al secondo. Roba da Amazon” ha confessato il direttore generale del debito, Jean Debutte. E così il Tesoro belga ha ottenuto due risultati in un colpo solo: ha raccolto più capitali del previsto, circostanza che consente di rivedere al ribasso le prossime emissioni, ma, soprattutto, ha inflitto alle banche una lezione efficace ed efficiente senza incorrere nelle complicazioni (e nei danni) che comporta la tassa sugli extraprofitti.
Il Tesoro italiano ha prontamente reagito da par suo, riproponendo una nuova emissione di Btp Valore, la famiglia di titoli dedicata esclusivamente ai risparmiatori individuali e affini, che verrà offerta al pubblico dal 2 al 6 ottobre. Non sono date casuali. L’operazione avviene nel bel mezzo di un periodo denso di scadenze. In quel che resta del 2023, infatti, bisogna far fronte al rimborso di oltre 81 miliardi di euro così ripartiti: si comincia il 15 di questo mese con 17,65 miliardi di euro di titoli indicizzati all’inflazione area euro. In ottobre scadono un quinquennale (16,04 miliardi di euro) e un settennale (16,1 miliardi). Novembre è più leggero: 12 miliardi di euro di un Btp trentennale, 6,3 miliardi di un Btp Italia e 13 miliardi di un biennale. Insomma, l’asticella è alta.
Ma a complicare le cose è la frenata sempre più evidente della crescita economica, che si riflette su conti pubblici in peggioramento. Anche a non tener conto delle richieste avanzate dai partiti di governo, da quelle più sensate (taglio del cuneo fiscale, intervento sulla sanità, primo sostegno a famiglie e natalità) a quelle più irrealistiche dato il contesto finanziario (riduzione di imposte ed aliquote, Quota 41) si viaggia nell’ordine dei 40 miliardi di impegni contro gli 8-9 oggi a disposizione. Naturalmente al netto delle conseguenze del superbonus che, comunque lo si valuti, rappresenta ormai un nuovo iceberg nel mare del debito che si sta formando nel momento peggiore, cioè con i tassi ai massimi da lustri a questa parte. Se a questa situazione sommiamo il rischio recessivo, cioè di una crescita del Pil nominale inferiore al costo medio dello stock di debito, ecco che abbiamo un mix micidiale per lo spread e per il Paese.
In sostanza l’Italia corre il rischio di aprire il 2024 con un deficit contenuto ma in rapida crescita. Di qui la previsione che il rapporto deficit/Pil salga a fine anno al 5%, cinquanta punti base in più di quel che il Governo aveva indicato. Ma il deterioramento potrebbe anche essere più pesante, visto che la proiezione non tiene in considerazione il drenaggio del bonus casa. A rischio è anche il raggiungimento del target a fine 2024 al 3,7%, un’ipotesi ancora più preoccupante, perché complica qualsiasi strategia per una revisione del Patto di stabilità.
Per completare il quadro si può tener conto dei fondi del Pnrr. I 18,5 miliardi di euro della terza rata, pur essendo stati autorizzati, sono ancora congelati a Bruxelles, in attesa di un ultimo passaggio formale. Il Governo dice che la terza rata arriverà in ottobre, la quarta entro Natale, ma si tratta di auspici, le scadenze sono una realtà da affrontare in un momento non agevolato, ripetiamo, dal movimento dei rendimenti reali in costante crescita con buona pace dei tanti economisti improvvisati che pullulano nell’esecutivo.
Ecco la fotografia di una situazione tanto più delicata quanto trascurata, almeno all’apparenza, dagli atteggiamenti di buona parte dei partiti di governo. La situazione contabile è molto complessa, ma quel che preoccupa di più è l’assenza di una qualsiasi strategia che non consista nel calciare la lattina più in là senza una sola idea per affrontare i temi cruciali per il futuro, dalla scuola alla necessità di uno sforzo per agganciare ricerca e sviluppo, l’unica chiave per uscire dall’impoverimento generale. Ormai, in quanto a reddito, l’Italia supera a stento il Mississippi, lo Stato Usa più povero.
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