“Il doppio turno di lista, cioè il vecchio Italicum in versione costituzionalizzata, sarebbe il sistema elettorale migliore per questa Italia disastrata. Perché questo modello garantisce rappresentanza e stabilità. Un maggioritario all’inglese o un proporzionale assoluto sarebbero un disastro”. Ne è convinto Roberto D’Alimonte, professore ordinario di Sistema politico italiano alla Luiss di Roma ed esperto di sistemi elettorali. Che aggiunge: “Dovesse cadere il governo e si andasse al voto con il Rosatellum, la coalizione di centrodestra potrebbe forse ottenere il 65% dei seggi. A quel punto non solo eleggerebbe il nuovo presidente della Repubblica, ma potrebbe riformare la Costituzione a suo piacimento senza dover affrontare il referendum confermativo”.



Intanto la Cassazione ha dato via libera al referendum della Lega, che vuole abolire la quota proporzionale del Rosatellum, lasciando in piedi solo i collegi maggioritari uninominali. Ora si attende, a gennaio, la sentenza della Consulta, un passaggio più insidioso. La Corte costituzionale potrebbe ritenerlo ammissibile?



Queste decisioni sulle riforme elettorali da parte della Corte costituzionale hanno una componente politica decisiva. L’abbiamo visto sia nel recente passato che in anni più lontani. La mia sensazione è che la Consulta non deciderà per l’ammissibilità. Se dovesse decidere in senso contrario, si crea un problema.

Perché?

Il referendum a quel punto si farebbe. Ma per la maggioranza degli italiani i meccanismi elettorali sono incomprensibili e complessi, è vero oggi come quando fu approvato il referendum del 1993. A contare in questi casi è il clima d’opinione, il vento che spira, e quindi il referendum verrebbe approvato. Passeremmo così a un sistema maggioritario di tipo britannico, che per noi non va assolutamente bene, perché provocherebbe distorsioni fortissime. E lo dico io che sono da sempre un convinto sostenitore del maggioritario.



Quali distorsioni?

Il modello inglese è semplice: si divide l’Italia in tanti collegi quanti sono i seggi da assegnare e in ciascun collegio vince chi raccoglie un voto più degli altri, indipendentemente da quanti siano i voti. Problema numero uno: un partito può vincere anche con meno del 30% dei voti se ci fosse molta frammentazione. Problema numero due, ancora più grave: vista la distribuzione dei voti nel nostro Paese oggi, c’è il rischio che una coalizione con il 40% dei voti conquisti il 70% dei collegi. Ritengo che ci siano altri modelli maggioritari più adatti al nostro paese.

Al superamento del Rosatellum e a una nuova legge elettorale sta lavorando anche la maggioranza giallo-rossa. M5s, Italia Viva e Liberi e Uguali sono favorevoli al proporzionale, anche se litigano sulle soglie di sbarramento, mentre il Partito democratico propone il doppio turno di coalizione, cioè un sistema come quello utilizzato nelle elezioni comunali. Che ne pensa?

Subito una precisazione. Si parla di doppio turno di coalizione, ma sarebbe più corretto dire doppio turno di lista. Non ricalca il sistema elettorale nei Comuni, perché lì si elegge direttamente il sindaco, piuttosto ricalca – anche se nessuno lo vuole dire – l’Italicum in versione costituzionalizzata.

Premessa utile e doverosa. Ma, nella sostanza, come valuta la direzione di marcia che la maggioranza di governo sta imboccando?

In realtà, non c’è ancora una direzione univoca, perché sono spaccati. Se poi il Pd accettasse il proporzionale, sarebbe un disastro. Il proporzionale oggi in Italia è un grande imbroglio. Se invece Cinquestelle, Renzi e LeU accettassero il doppio turno di lista, a mio parere andrebbe bene e forse, sottolineo forse, si potrebbe trovare un compromesso anche con la Lega. Con il proporzionale, invece, si andrebbe allo scontro frontale.

Lei dice: il proporzionale sarebbe un disastro. Che cosa teme di più?

L’Italia ha bisogno di stabilità e anche un proporzionale alla tedesca, con uno sbarramento alto, non produrrebbe stabilità. Già la produce a fatica in Germania, dove pure hanno una cultura della stabilità e del compromesso che da noi non c’è. Tra l’altro in Italia, più che al tedesco che è un sistema misto, si sta pensando a un proporzionale all’italiana, con una soglia al 4% o al 5%. Io penso che nel nostro paese abbiamo bisogno di sistemi elettorali che garantiscano tre requisiti.

Quali?

Primo: che incentivino le alleanze prima del voto, non lasciando ai partiti le mani libere dopo il voto. Secondo: che diano agli elettori la possibilità di scegliere il governo. Terzo: che trasformino una maggioranza relativa di voti in una maggioranza assoluta di seggi. Nessuno di questi tre importanti requisiti per garantire un minimo di stabilità a questo disastrato paese viene soddisfatto dal proporzionale che hanno in mente M5s, Renzi e gli altri alleati di governo.

Quale dovrebbe essere, allora, il sistema elettorale che meglio può aiutare a soddisfarli?

Il doppio turno di lista, cioè il vecchio Italicum in versione costituzionalizzata.

Questo sistema garantisce rappresentatività, pluralismo politico e stabilità anche dopo il recente taglio dei parlamentari?

Assolutamente sì, più di altri sistemi. Tutto dipende dalla soglia di sbarramento che viene inserita. Con il doppio turno di lista ogni partito al primo turno può presentarsi da solo o in coalizione. Se nessuno supera il 50% dei voti, i due più votati si sfidano in un secondo turno. Qui, prendendo ad esempio la nuova Camera, chi vince porta a casa 220 seggi su 400. Rimangono 180 seggi, che sono tanti – cosa che non avverrebbe mai con il sistema all’inglese e nemmeno con quello francese -, da dividere tra i perdenti. Quindi la rappresentatività è assolutamente garantita. Allo stesso tempo, però, gli elettori possono scegliere il governo del paese, assicurando a chi vince la maggioranza assoluta con i 220 seggi assegnati. È un sistema semplicissimo e chiarissimo. Certo, a chi vuol fare l’ago della bilancia questo sistema non va per nulla bene.

Sta pensando a Di Maio e al M5s?

I Cinquestelle possono decidere di correre da soli, di restare all’opposizione e di non fare alleanze pre-elettorali con nessuno. A quel punto la partita del governo se la giocano il Pd e la Lega. Al contrario, se non vogliono stare all’opposizione, prima del voto devono dire agli italiani se vogliono allearsi con Zingaretti o con Salvini. Dunque, il M5s con il doppio turno di lista ha sì la possibilità di partecipare alla distribuzione dei seggi, ma non può più fare l’ago della bilancia, proprio perché le alleanze post-elettorali non sarebbero più necessarie, visto che chi vince con il doppio turno di lista si prende 220 seggi.

Il doppio turno di lista accontenterebbe anche Forza Italia e Fratelli d’Italia?

Sì. Ma soprattutto andrebbe bene alla Lega.

Si dice però che qualcuno ha messo nella testa di Salvini il dubbio che con il doppio turno di lista tutti si coalizzerebbero contro di lui e e la Lega farebbe così la fine della Le Pen in Francia. Può davvero finire così?

Ma chi sono quelli che si coalizzerebbero contro Salvini al secondo turno? Sono due situazioni molto diverse: oggi il centrodestra gode di una maggioranza tale che la La Pen se la sogna. In Francia la Le Pen è isolata, in Italia Salvini è il leader di un centrodestra che oggi è vicino al 50%.

Il doppio turno di lista potrebbe dunque trovare un consenso ampio in Parlamento?

Se lo accettano Pd, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, si creerebbe una maggioranza ampia. Ma se la immagina una maggioranza del genere che approva una legge elettorale contro il M5s che oggi è alleato di governo del Pd? E contro Renzi, che ha i numeri per far cadere il governo? Tenendo conto, oltre tutto, di un altro paradosso: l’Italicum costituzionalizzato è il sistema di Renzi, che oggi però ha delle convenienze diverse.

Zingaretti, però, proprio in questi giorni ha dichiarato di voler rilanciare, con una convention a gennaio, l’alleanza di governo con M5s e LeU, mettendo al centro proprio una legge elettorale di tipo maggioritario, su cui poi mettere alle strette anche Italia Viva e il nuovo partito di Calenda. Potrebbe nascere un asse tra Pd zingarettiano e Salvini sul maggioritario?

Premesso che Salvini potrebbe essere portato al tavolo per un compromesso sulla riforma elettorale solo con la minaccia del proporzionale, lo ripeto: come fa il Pd a fare un accordo sulla legge elettorale con la Lega mentre è al governo con i Cinquestelle senza far cadere il governo? A meno che il Pd non colga l’occasione dell’opposizione dei Cinquestelle al maggioritario per aprire una nuova fase politica.

In quel caso che scenario si aprirebbe?

Zingaretti potrebbe dire a Di Maio: se rifiutate il maggioritario, vuol dire che rifiutate l’idea di un’alleanza strutturale con noi, allora tanto vale andare a votare ora. Ma prima di andare alle elezioni noi facciamo una legge elettorale, doppio turno di lista, con Salvini, Meloni e Berlusconi. Questo potrebbe essere lo scenario. Ma non so se Zingaretti avrebbe questo coraggio. Mi sembra un passo complicato, difficile per un uomo prudente come lui.

Va da sé che questo governo litiga su tutto, e quindi un’interruzione anticipata della legislatura, che potrebbe verificarsi a causa di dissidi e divisioni interne alla maggioranza su altri punti che non siano la riforma della legge elettorale, non è un’ipotesi così campata per aria. A quel punto si andrebbe al voto con il Rosatellum?

Sì, è possibile. In questo caso vince facile Salvini e l’entità della sua vittoria dipenderà dal fatto se M5s e Pd faranno accordi di desistenza nei collegi, soprattutto del Sud. Se non lo fanno, Salvini vincerà con una maggioranza addirittura schiacciante. E se si va al voto in una situazione di contrapposizione tra Pd e M5s, perché fallisce il governo e i due partiti si rimettono l’un contro l’altro armati, non escludo che Zingaretti possa proporre a Salvini una riforma elettorale sul doppio turno di lista. Ma Salvini sarebbe davvero interessato?

Perché se lo chiede?

Perché forse a Salvini converrebbe andare alle elezioni proprio con il Rosatellum. Con questo sistema, con l’attuale distribuzione delle intenzioni di voto e senza un accordo tra Pd e M5s nei collegi, la coalizione di centrodestra potrebbe forse ottenere il 65% dei seggi. A quel punto non solo eleggerebbe il nuovo presidente della Repubblica, ma potrebbe riformare la Costituzione a suo piacimento senza dover affrontare il referendum confermativo. E allora, buonanotte ai suonatori.

(Marco Biscella)

Leggi anche

DIETRO LE QUINTE/ Legge elettorale, i calcoli dei partiti sul "nuovo" maggioritarioLEGGE ELETTORALE/ Ecco perché il proporzionale di Conte non fa bene all'ItaliaLEGGE ELETTORALE E REFERENDUM/ Un "distanziamento" politico carico di pericoli