Pd ed M5s lo hanno battezzato Germanicum. Un nuovo latinismo elettorale che viene ad aggiungersi alla lunga teoria, rigorosamente neutra, cominciata con il Mattarellum. Di tedesco c’è l’assegnazione proporzionale dei seggi e la soglia di sbarramento nazionale al 5%. La nuova legge elettorale è stato ottenuto cancellando i collegi uninominali del Rosatellum e utilizzandone i 63 collegi proporzionali e le 28 circoscrizioni. Un’altra novità è il “diritto di tribuna”: un correttivo sulla base del quale entra in Parlamento anche il partito che resta sotto il 5% ma ottiene tre quozienti in due Regioni (per la Camera) e tre in una Regione (per il Senato). Tecnicismi, si dirà: non per partiti piccoli come Italia viva, Calenda, +Europa e altri.
Ma oltre al testo base della legge elettorale presentato da Giuseppe Brescia (M5s) che sarà incardinato il 13 gennaio, c’è un altro fatto che complica il quadro politico: diversi parlamentari che avevano sottoscritto la proposta di referendum sulla modifica costituzionale del taglio dei parlamentari hanno ritirato la propria firma, facendo slittare il deposito del quesito in Cassazione. L’evoluzione è incerta e si attendono sviluppi.
Terza incognita, infine, è quella delle sorti del referendum Calderoli per l’abolizione della quota proporzionale del Rosatellum: se la Consulta lo approvasse, il risultato sarebbe un sistema elettorale interamente maggioritario.
“Ho l’impressione che una parte del sistema politico riponga una fiducia eccessiva sui meccanismi elettorali e finisca con il prestare poca attenzione alle tensioni presenti nel corpo elettorale” dice Stelio Mangiameli, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Teramo. Tensioni che significano “voglia di politica autentica” e opzione maggioritaria.
La maggioranza ha presentato un sistema che prevede di eleggere 400 più 200 parlamentari tra Camera e Senato: Non è un azzardo politico, visto che il referendum sul taglio dei parlamentari si deve ancora tenere?
No, non è un azzardo, fa parte di un piano più articolato. È probabile che nei prossimi giorni vengano ritirate le firme di sottoscrizione per il referendum sulla legge costituzionale per il taglio dei parlamentari e, in questo modo, la revisione costituzionale si consoliderebbe. Un eventuale scioglimento anticipato condurrebbe all’elezione di un Parlamento in formazione ridotta. A questo punto la discussione sulla legge elettorale diventa centrale, perché concretamente, senza referendum costituzionale, le elezioni sembrano avvicinarsi.
Dunque è così che tutto si tiene.
Sì. L’effetto del disegno di legge dell’attuale maggioranza, però, sembra puntare a sminare il dibattito politico dal pericolo del referendum Calderoli che avrebbe comportato la trasformazione dell’attuale sistema elettorale (il Rosatellum, ndr) in uno di tipo maggioritario. Invece, la proposta Brescia va esattamente nella direzione opposta, verso cioè un sistema elettorale proporzionale.
Sulla base di quello che sappiamo, qual è la filosofia dell’impianto?
Siamo di fronte ad una proposta di sistema elettorale di tipo proporzionale con sbarramento al 5%, che ovviamente non conviene ad un pezzo del centrosinistra: esattamente a quelle forze che non raggiungono la soglia e che, perciò, non possono mantenere la loro identità e dovrebbero confluire in altre formazioni, che non è detto che siano favorevoli ad una simile confluenza.
Per ovviare a questo inconveniente?
Per questa ragione è stato inventato il cosiddetto “diritto di tribuna” con delle regole, quelle dei quozienti pieni, che cercano di attenuare gli effetti della clausola di sbarramento.
La bozza guarda al sistema tedesco. A proposito: lei non sarebbe favorevole a fare come avviene in Germania, dove il numero dei parlamentari non è scritto in Costituzione e pertanto è variabile?
La bozza ha ben poco del sistema tedesco e sembra rispecchiare una certa indole levantina. In Germania il sistema proporzionale è corretto sia dalla clausola di sbarramento del 5%, sia da una forte componente maggioritaria (50% dei seggi); i rapporti tra i partiti sono improntati alla concorrenza pura, anche quando viene dichiarata la coalizione (che non è formalizzata nella legge elettorale); e il correttivo dei tre mandati diretti che servono per superare il mancato raggiungimento del 5% dei voti è al centro di numerose critiche sia in campo politico che istituzionale.
E in Italia?
In Italia con la nuova proposta mancherebbe del tutto la componente maggioritaria. Inoltre prima si è creato un pastrocchio con le dichiarazioni di coalizione e con i voti che passavano da un partito all’altro, ora invece si cerca di smontare la clausola di sbarramento.
Qualora il Germanicum andasse in porto così com’è, come ridisegnerebbe il nostro quadro politico?
Ho l’impressione che una parte del sistema politico riponga una fiducia eccessiva sui meccanismi elettorali e finisca con il prestare poca attenzione alle tensioni presenti nel corpo elettorale.
Che cosa significa?
Il sistema dovrebbe essere considerato bipolare per incentivare la sfida elettorale.
Ma bipolare non lo è, almeno sulla carta. Le forze sono tre.
Se il M5s insistesse per andare da solo non ci sarebbe più storia. Vincerebbe a mani basse il centrodestra che sembra comunque rimanere più compatto, molti elettori che stanno riflettendo sul voto non avrebbero più dubbi e riverserebbero il loro voto su quel versante, dove l’offerta politica è anche varia.
Non crede che lungo l’asse del bipolarismo la differenza elettorale tra centrodestra e centrosinistra sia pressoché minima?
Sì, ma resta altissimo il numero degli elettori che ha dichiarato il non voto e l’indecisione (oltre il 40%). Di conseguenza, la partita sarebbe totalmente aperta e chi meglio saprà rispondere alle tensioni del corpo elettorale dovute al lavoro, alla sicurezza, alle tasse, eccetera potrà aspettarsi il successo.
Lega e FdI non ci stanno, dicono che il Germanicum è fatto apposta per gli inciuci. È una critica fondata?
Solo in parte, perché il meccanismo sicuramente agevolerebbe i partiti minori di centrosinistra, ma fino ad un certo punto. Infatti Verdi, +Europa, Calenda e Leu dovrebbero seriamente rivedere il loro agglomerato per cercare di essere più attrattivi e non puntare sui quozienti pieni; altrimenti hanno perso in partenza.
Come interferiscono e quanto pesano gli aspetti tecnici non inclusi nella bozza ovvero lunghezza delle liste, preferenze, listini bloccati?
Ovviamente, un sistema elettorale è un meccanismo complesso e delicato in cui ogni singolo aspetto ha un peso che può risultare determinante del risultato finale. Tuttavia, in via di principio, non dovrebbero essere questi gli aspetti decisivi, ma la soddisfazione della voglia di politica autentica che sinora è mancata, anche per colpa di un certo atteggiamento cosiddetto “post-ideologico” che non appassiona gli elettori. Non dimentichiamoci che la politica richiede passioni e idee forti e queste sembrano scarseggiare al momento.
Allo stesso tempo la Lega è per il maggioritario e punta ad ottenerlo via referendum per l’abrogazione della quota proporzionale del Rosatellum. Secondo lei la Consulta cosa farà?
Al momento non si sa se la proposta Brescia prenderà quota; perché in questo caso il referendum Calderoli correrebbe il rischio serio di non essere più ammissibile. Ma quand’anche la situazione dovesse rimanere quella attuale, la Corte costituzionale – come al solito – sarà costretta a fare quello che la politica non riesce a fare, e cioè: di fronte ad un sistema politico spaccato tra maggioritario e proporzionale e incapace di una decisione unitaria per il bene del Paese, dovrà assumere la decisione sul sistema elettorale, ammettendo, o meno, il referendum.
E secondo lei come andranno le cose?
Se si dovesse arrivare al referendum, l’idea maggioritaria avrebbe molte probabilità di prevalere.
(Federico Ferraù)
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