Caro direttore,
a 10 mesi dalla fine della legislatura, la questione relativa alla riforma della legge elettorale risulta ancora irrisolta e i partiti non sembrano intenzionati ad affrontarla.
Non c’è, infatti, unità di vedute circa il sistema elettorale da adottare: maggioritario o proporzionale? Il primo prevede l’attribuzione del seggio in palio a chi ottiene la maggioranza dei voti e determina, pertanto, il predominio delle forze politiche più rilevanti a livello nazionale; il secondo attribuisce i seggi a seconda della quota di voti ottenuta da ciascuna lista, permettendo anche alle minoranze di accedere alle assemblee elettive. In quest’ultimo caso la legge prevede una soglia minima per lo sblocco dei seggi, chiamata popolarmente “soglia di sbarramento”.
Dopo gli anni della Prima Repubblica, caratterizzati da un compromesso dietro l’altro dovuto a un sistema proporzionale, sorge l’esigenza di un sistema maggioritario in grado di garantire governabilità. Con la legge “Mattarellum” è stato perciò attuato un sistema “misto” di elezione dei due rami del Parlamento, che attribuiva il 75% dei seggi con sistema maggioritario e il restante 25% con sistema proporzionale. Tuttavia, il desiderio di proporzionale non si è spento completamente nelle aule di Montecitorio o di Palazzo Madama ed è così che nel 2005, con il “Porcellum”, si ritorna a una legge proporzionale, che esclude la possibilità di esprimere il voto di preferenza per i candidati delle liste elettorali. La Consulta ha sancito l’incostituzionalità di questa legge, fornendo alcuni criteri da seguire: sistema proporzionale con voto di preferenza e possibilità di assegnare pochi seggi attraverso le liste bloccate.
L’attuale legge “Rosatellum” combina maggioritario e proporzionale allo scopo di favorire le coalizioni e isolare i partiti meno disposti ad alleanze, ma si è poi ribaltato contro i suoi proponenti. Infatti l’instabilità di governo che ne è derivata ha costretto i partiti a ripensare le loro strategie.
Sembra che la legge elettorale, piuttosto che garantire rappresentatività e governabilità, venga partorita con l’intento di assecondare la situazione politica contingente e sfavorire l’avversario. Oggi, al dato dei sondaggi, si è aggiunta la riduzione del numero dei parlamentari e la ridefinizione dei collegi. Un intervento è più che mai necessario.
Un primo aspetto da riformare è il ritorno all’espressione delle preferenze. Infatti il corpo elettorale ha diritto di tornare a scegliere i propri rappresentanti anziché rilasciare deleghe in bianco ai dirigenti dei partiti, i quali sembrano interessati, più che al bene del Paese, alla loro autoconservazione. L’introduzione delle preferenze è, per di più, necessaria alla luce del fallimento dei partiti come fucina della classe dirigente del Paese. La scelta diretta dei candidati, legati effettivamente ai territori, potrebbe contribuire a selezionare i profili più meritevoli alla luce del giudizio dei cittadini. Il Parlamento è consapevole di queste necessità?
Inoltre, caratteristica imprescindibile di un buon sistema elettorale è la chiara attribuzione del premio di maggioranza ai gruppi parlamentari. In questo modo potrà emergere un esecutivo che goda di un solido sostegno nei due rami del Parlamento e che sia in grado di portare a compimento il mandato conferito dagli elettori durante la legislatura. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla formazione di maggioranze parlamentari convenzionali, che non condividevano lo stesso indirizzo politico. Tali coalizioni, nate sulla base di compromessi forzati, non sono state in grado di rispondere in maniera esaustiva alle esigenze del Paese.
Ad un premio di maggioranza effettivo dovrebbe accompagnarsi la responsabilità dei partiti di preannunciare agli elettori i propri eventuali alleati di governo e di indicare l’aspirante primo ministro.
Il sistema elettorale, unito al senso di responsabilità richiesto ai partiti, costituisce il garante del buon funzionamento dei processi democratici. La sfiducia e l’astensione dilagante sono conseguenza della superficialità con cui è stato condotto il dibattito sulla governabilità. Occorre, pertanto, aspirare a un’ampia riforma della legge elettorale senza liquidarla come una questione tecnica o di parte.
(Salvatore Vilardo, Riccardo Caruso)
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