La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato ammissibile il ricorso sulla legge elettorale italiana: la novità risale a febbraio, ma la si apprende solo ora, con il governo che tra l’altro precisa che non è stato, almeno per ora, accolto. Infatti, l’esecutivo sta preparando una memoria difensiva in vista delle udienze dei prossimi mesi: ha tempo fino al 29 luglio per rispondere alle domande della Cedu. Questo vuol dire che il ricorso verrà discusso, non che le tesi presentate siano condivise dai giudici, chiamati a prendere una decisione sulla fondatezza o meno del ricorso, che riguarda la presunta incompatibilità del Rosatellum col diritto alle libere elezioni. Nel mirino sono finite tre modifiche fatte alla legge elettorale prima delle elezioni politiche 2022, inoltre un articolo contrasterebbe col principio della libertà di voto, non consentendo il voto disgiunto.
La sentenza è prevista prima delle nuove elezioni e, se venissero accertate le violazioni denunciate, scatterebbe l’obbligo di modificare la legge elettorale. Stando a quanto riportato dall’Unità riguardo le possibili ripercussioni della sentenza della Cedu, se il ricorso venisse accolto, gli effetti non sarebbero deflagranti, seppur importanti a livello politico. Infatti, i risultati delle elezioni politiche 2022 non verrebbero invalidati, ma le Camere, elette con una legge elettorale eventualmente ritenuta dalla Cedu lesiva dei diritti e della libertà di voto, perderebbero in legittimità.
RICORSO SU LEGGE ELETTORALE ALLA CEDU: GLI SCENARI
La sentenza avrebbe riflessi sulla nuova legge elettorale, anche alla luce del lavoro che sta svolgendo il governo con la riforma del premierato. Infatti, tutto ciò potrebbe “ingolfare” l’esecutivo che dovrebbe poi tener conto dei possibili rilievi europei. Non a caso Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra brandisce la decisione della Cedu contro il premierato, in quanto la riforma che vuole il governo Meloni, insieme a quella della legge elettorale che l’accompagnerà, «rischia di portare a cambiamenti sostanziali a ridosso della prossima scadenza elettorale del 2027, creando incertezza e instabilità nel nostro sistema democratico».
Il ricorso era stato presentato dall’ex leader dei radicali Mario Staderini: al Fatto Quotidiano ha spiegato che nel nostro Paese da oltre vent’anni si vota con leggi elettorali «dichiarate incostituzionali» e contrarie ai principi internazionali democratici, ma per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il ricorso non è fondato. A tal proposito, Staderini auspicava un atteggiamento differente dal governo italiano, visto che la legge elettorale criticata non è stata votata dalla premier Giorgia Meloni quando venne approvata (infatti all’epoca era all’opposizione).