Quando l’avvocato Giancarlo Cerrelli suggerisce di punire la blasfemia che c’è in alcuni gay pride con la legge Mancini non lancia una semplice provocazione. Lo fa nella consapevolezza che ai cattolici rimangono pochi presidi per tutelare il sentimento religioso. Ma c’è la legge 25 giugno 1993, n. 205, nota come legge Mancino, che sanziona e condanna frasi, gesti, azioni e slogan che incitano all’odio e fanno discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi. È proprio la legge che il mondo Lgbt vorrebbe estendere con il ddl Zan al sesso e all’identità di genere. «Ci sarebbero fin da ora i presupposti per sanzionare gli organizzatori dei gay pride e i loro partecipanti», dichiara il professore di Diritto di famiglia presso l’Istituto italiano di criminologia nell’intervista rilasciata a La Verità. Peraltro, la legge Mancini non sanziona solo il comportamento del singolo, ma anche quello del gruppo. Proprio la norma alla base del decreto contro l’omofobia sanziona le offese ai credenti. «È da un po’ di tempo che stiamo assistendo, non solo in Italia, a manifestazioni connotate da una virulenta “cristanofobia”».



CERRELLI SU LEGGE MANCINO E DDL ZAN

Così non si limita la libertà di opinione. «Non si manifesta la propria libertà offendendo o irridendo il sentimento religioso», osserva l’avvocato Giancarlo Cerrelli a La Verità. Anche se è convinto che la legge Mancino sia illiberale, «è però l’unico mezzo per tutelare il sentimento religioso, che dopo la depenalizzazione della blasfemia non ha più, in Italia, tutele penali». Nell’intervista spiega anche che una eventuale estensione della legge Mancino al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere, come previsto dal ddl Zan, «sarebbe pericolosissima», in quanto le categorie citate sono «fluide» e in quanto tali «non facilmente determinabili da chiunque». Inoltre, ritiene che il ddl Zan voglia servirsi della legge Mancino «con una mera finalità pedagogica». Dunque, l’obiettivo di questa legge è «punire il dissenso di chi si oppone alla nuova antropologia basata sul gender» e che tramite questo ddl «si intende attuare forzatamente nella nostra società».

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