La legge natura non è una politica ambientale, bensì una politica industriale: ne è certo il quotidiano La Verità, che sottolinea come “Con la scusa del green privilegia alcune tecnologie a scapito di altre, alcuni prodotti, alcune economie”. Con le nuove norme, l’Europa si avvia a perdere un terzo della sua produzione agricola mentre aumentano i prezzi alimentari di 40 punti e raddoppiano le importazioni. L’ultima misura riguarda l’industria dell’abbigliamento: vietato distruggere quelli invenduti, non si possono smaltire le calzature se avanzano.
Il nuovo regolamento impone alle aziende una sorta di dumping interno, ossia se produci di più devi accettare di svendere oppure puoi produrre a la carte con prezzi che diventano insostenibili. Nella direttiva eco-design si parla di vari settori. Secondo gli economisti del Bruno Leoni, “Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha messo in guardia contro la crisi di rigetto che potrebbe derivare dall’eccessiva radicalizzazione delle politiche ambientali. Ha ragione. La politica ambientale europea ha sempre meno a che fare con l’ambiente e sempre più a che vedere con precise scelte di carattere industriale”.
La legge natura porterà con sé aumenti
Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione non si spiega perché l’Italia sia contro il Green deal. Ancora, l’Istituto Bruno Leoni scrive: “Nel giro di pochi anni l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 è passato dal 40 al 55%. Ma le imprese avranno le informazioni di cui necessitano, se tutto va bene, a metà del 2024: cioè avranno appena un lustro per mettere in atto investimenti colossali. Ci sarà voluto più tempo a scrivere i piani (della legge natura, ndr) di quanto ne resterà per attuarli”.
Secondo uno studio basato su dati sia dell’Università di Wageningen sia dell’Usda (il dipartimento americano di agricoltura) l’Europa perderà almeno il 30% della propria produzione e subirà un aumento dei prezzi dei prodotti agroalimentari. I prodotti che più subiranno rincari dopo l’approvazione della misura saranno olive, uva e luppolo: gli aumenti saranno tra il +26% e il +42%. Secondo questi dati «le importazioni nette dell’Ue di mais, colza e agrumi, aumenteranno del 209%, del 98% e del 92%. Molto marcate le ripercussioni per riso (+31% di importazioni e -82% di export), frumento (+18% di importazioni e -82% di export), semi oleosi (+7% di importazioni e – 85% di export) e latte (+19% di importazioni e -157% di export)»