Il 21 marzo 2023 il Parlamento ha approvato la legge delega in materia di politiche in favore delle persone anziane. Legge di riforma lungamente attesa, soprattutto dalle famiglie degli anziani non autosufficienti, che attualmente sostengono quasi tutto il peso dell’assistenza, sia sotto il profilo affettivo-relazionale, che sotto quello economico-organizzativo.
La legge sottolinea il valore umano, sociale, culturale ed economico di ogni fase della vita umana e dedica grande attenzione alle misure di contrasto a possibili forme di isolamento e marginalizzazione degli anziani. Promuove interventi di natura preventiva, “active aging”, e insiste sul valore della solidarietà e della coesione tra generazioni diverse.
Il concetto di invecchiamento attivo non riguarda soltanto la sfera individuale; i suoi benefici sono evidenti anche per la società nel suo complesso e può contribuire a risolvere alcune delle principali sfide legate all’invecchiamento della popolazione. Valorizza il ruolo della famiglia e prevede misure destinate a incentivare la regolarizzazione del lavoro di cura da parte dei caregivers, soprattutto i caregivers familiari.
In definitiva propone un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti, lo Snaa, con il compito di programmare e monitorare tutti gli interventi rivolti alle persone non autosufficienti. Lo scopo è superare l’attuale frammentazione dei servizi, che nasce da una burocrazia poco efficiente, per costruire un sistema integrato, lo Snaa, con il compito di programmare, valutare e monitorare tutti gli interventi rivolti alle persone non autosufficienti, evitando doppioni nei servizi e duplicati nei costi.
Punti di forza e punti deboli della legge 33
La legge è fatta di nove articoli. L’articolo 1 contiene una serie di definizioni che servono a capire meglio lo spirito della norma, per esempio già al comma 1 introducono i livelli essenziali sociali (Leps), lasciando chiaro che la norma va oltre un approccio esclusivamente o prevalentemente sanitario.
L’articolo 2 istituisce il Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana, superando il riferimento esclusivo o prevalente al ministero della Salute. La legge coinvolge tutto il governo, nelle sue molteplici sfaccettature.
Con l’articolo 3 si delega il Governo a promuovere l’invecchiamento attivo, attraverso l’inclusione sociale e la prevenzione della fragilità; impegnando le persone anziane in attività di utilità sociale e di volontariato; in attività di sorveglianza, tutoraggio e cura delle altre fasce di età, svolte nell’ambito dell’associazionismo e delle famiglie. Si parla di nuove forme di domiciliarità e di coabitazione solidale (senior cohousing) e di coabitazione intergenerazionale, in particolare con i giovani in condizioni svantaggiate (cohousing intergenerazionale), da realizzare, secondo criteri di mobilità e accessibilità sostenibili, tra cui gruppi appartamento e condomini solidali, aperti ai familiari, ai volontari e ai prestatori esterni di servizi sanitari, sociali e sociosanitari integrativi.
Con l’articolo 4 si dà delega al Governo in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non autosufficienti. Forse l’aspetto più importante di questo lungo articolo è il riferimento alla semplificazione e integrazione delle procedure di accertamento e valutazione della condizione della persona anziana non autosufficiente, “favorendo la riunificazione dei procedimenti in capo ad un solo soggetto, mediante una valutazione multidimensionale unificata, da effettuare secondo criteri standardizzati e omogenei, basati su linee guida validate a livello nazionale, finalizzata all’identificazione dei fabbisogni di natura bio-psico-sociale, sociosanitaria e sanitaria della persona anziana e del suo nucleo familiare…”. Lo snellimento delle procedure è essenziale proprio perché, trattandosi di persone non autosufficienti, l’intero carico di lavoro grava sulle famiglie, di cui la legge prende in carico i bisogni specifici, coinvolgendo le famiglie nei tavoli decisionali che le riguardano.
L’articolo 5 delega al Governo le politiche per la sostenibilità economica e la flessibilità dei servizi di cura e assistenza a lungo termine per le persone anziane e per le persone anziane non autosufficienti. L’assistenza a lungo termine degli anziani, soprattutto se non autosufficienti, è una delle incognite maggiori sotto il profilo della programmazione economica, ma anche sotto il profilo dell’organizzazione familiare e sociale. Non sono solo i costi a lievitare nel tempo, ma anche la tipologia dei servizi da garantire, in un quadro di potenziale aggravamento delle condizioni dell’anziano.
L’articolo 6 descrive il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi, relativi agli articoli 3, 4 e 5; l’articolo 7 contiene alcune clausole di salvaguardia. Con l’articolo 8 si affronta il tema delle disposizioni finanziarie e il 9, infine, ne definisce l’entrata in vigore.
Ma è sull’articolo 8 che si concentrano le maggiori perplessità e in definitiva la possibilità oggettiva che la legge raggiunga o meno gli effetti desiderati. Alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla legge “concorrono, in via programmatica, le risorse disponibili nel Pnrr per il sostegno alle persone vulnerabili e per la prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti (…) le risorse previste nell’ambito del Programma nazionale ‘Inclusione e lotta alla povertà’ (…). All’erogazione delle prestazioni sanitarie si provvede mediante le risorse previste a legislazione vigente derivanti dal trasferimento alle regioni e alle province autonome delle relative quote del Fondo sanitario nazionale nell’ambito dei livelli essenziali dell’assistenza sanitaria”.
In definitiva si tratta di tre fonti di finanziamento: il Pnrr, il Ssn, e il Fondo di contrasto alla povertà, perché non c’è dubbio che gli anziani, soprattutto i non autosufficienti, costituiscono una delle fasce più povere del Paese.
In conclusione
La legge contiene delle bellissime affermazioni sul piano socio-antropologico, certamente difficili da tradurre in misure normative concrete, economicamente quantificate, e concretamente valutabili e misurabili. Quel che è certo è che senza risorse la riforma naufragherà e l’incertezza sulle risorse economiche costituisce un elemento di oggettiva preoccupazione. Governo e Parlamento dovranno sostenere il Sistema della non autosufficienza con risorse economiche sicure, opportunamente rinnovate e rimodulate. Non può esistere un progetto riformatore di questa portata senza adeguate dotazioni economiche.
Ad oggi il peso della non autosufficienza prevede tra spesa pubblica e spesa privata almeno 30 miliardi, di cui una parte sostanziale è a carico delle famiglie, in varie forme, più o meno esplicite e riguarda almeno 10 milioni di persone tra anziani non autosufficienti, famiglie e operatori del settore: sanitari, sociosanitari, ma anche badanti e assistenti familiari. L’approccio alle persone non autosufficienti deve essere intersettoriale e inter-istituzionale, anche nella programmazione, governance e coordinamento.
La legge propone una riforma che costituisce non un punto di arrivo, ma un punto di partenza e la sua efficacia è legata alla chiarezza dei decreti attuativi da adottare entro il 31 gennaio 2024. Senza di loro potrebbe essere una legge manifesto priva di impatto pratico, soprattutto per i cittadini non autosufficienti, i cui diritti sono stati finora troppo spesso sottovalutati e non sufficientemente tutelati.
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